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Donald Budge - Rod Lever - Novak Djokovic. La “linea di sangue” che comprende solo e soltanto questi tre giocatori è quella che indica i vincitori di 4 Slam consecutivi nella storia del tennis. Infatti con la vittoria odierna al Roland Garros 2016, il serbo Djokovic indiscusso numero 1 al mondo, raggiunge in un Olimpo super ristretto le autentiche leggende dello sport con palle e racchette.

Dopo la cocente delusione subita lo scorso anno per mano dello svizzero Wawrinka, Novak ha infilato una serie di successi senza precedenti, ed ora è il detentore in carica di tutti i tornei dello Slam. Certo Budge e Laver hanno vinto i quattro tornei nello stesso anno solare, ma il serbo ha ancora la possibilità di eguagliare quella che sarebbe un’autentica impresa sportiva.

Djokovic entra così nella storia, e il peso della storia si è fatto sentire e non poco nella partita di oggi contro Andy Murray. Anche per lo scozzese c’era chance di entrare nella storia sportiva, perché una sua vittoria sui campi parigini sarebbe stata la prima di un suddito della Regina dopo ben 81 anni da Fred Perry. I due tennisti si sono lasciati un po’ sopraffare da queste emozioni (e come dargli torto del resto), disputando un match a livello tecnico non certo all’altezza della maggior parte dei loro scontri e del valore assoluto dei due giocatori.

Per tutto il torneo del resto i due giocatori non sono sembrati particolarmente al meglio delle loro possibilità tecnico/fisiche/psichiche, mostrando, seppur in modi diversi, segni di difficoltà e insofferenza. Novak è sembrato per tutta la durata del torneo un po’ troppo nervoso, frettoloso, irascibile anche se poi a livello sportivo non ha mai rischiato veramente di perdere. Murray invece ha rischiato e non poco di lasciare anzitempo Parigi; nel match d’esordio contro il veterano Stepanek e successivamente con il francese Bourgue. In altri momenti ne avrebbe fatto un solo boccone.

Venendo all’incontro odierno il primo game della partita si è rilevato premonitore. Break a zero della testa di serie numero 1 che: risponde aggressivo, è il primo a cercare delle varianti al palleggio da fondo campo in particolar modo con la smorzata, aggredisce la diagonale del rovescio e vince gli scambi di media durata (4-9 colpi). Questa statistica può essere (e sarà) una delle chiavi del match. Infatti ogni volta che Djokovic ha vinto più del 53% dei “medium rally” si è aggiudicato l'incontro.

Immediatamente dopo però qualcosa si inceppa. Probabilmente nella testa del campione di Belgrado, che inizia a sbagliare gratuitamente in particolar modo di dritto, e sembra svuotato di ogni energia arrivando spesso male sulla palla e colpendo senza la giusta determinazione. Murray, così come aveva fatto a Roma, inizia e continua a servire sul dritto altrui ottenendo sia punti diretti che grande vantaggio nello scambio. 6-3 per lo scozzese che porta a casa il 75% dei punti sulla seconda di Djokovic.

Il primo set perso suona come una sveglia per il campione serbo, mentre nel contempo ha un effetto soporifero sul suo avversario. Di nuovo si ribaltano i ruoli, la diagonale di rovescio diventa la più utilizzata e di conseguenza il punteggio si sposta a favore di Djokovic. Murray non trova continuità nel mettere la prima in campo e se servi sotto il 50% di prime hai poche speranze di uscirne indenne, sopratutto contro un numero uno del mondo.

La partita rimane sostanzialmente bruttina seppur con qualche lampo di classe immensa da parte dei due contendenti. Potendo rispondere molto spesso a delle seconde palle, Novak acquista fiducia e aggressività nei suoi colpi, guadagna qualche centimetro prezioso nella posizione in campo e soprattutto quasi sempre l’inerzia dello scambio. Vince addirittura l’80% dei medium rally, il 72% con la prima in campo e il 70% sulla seconda di un frastornato scozzese. 6-1 Djokovic.

Il match scorre via veloce contraddicendo quelle che potevano essere le aspettative della vigilia, ovvero quelle di un match molto lungo , fisico, combattuto con scambi interminabili e pochi errori gratuiti. Un doppio break iniziale nel terzo set spiana la strada a Djokovic che continua imperterrito per la sua strada: aprire gli angoli possibilmente di rovescio e punire con smorzate o discese a rete senza prolungare all’eccesso i punti.

Ancora una volta quasi tutti gli scambi si esauriscono entro 10 colpi totali dei quali Murray ne vince soltanto il 40%. Continua l’estrema penuria di punti vinti sulla seconda palla che non arriva nemmeno al 30% (27 per la precisione). Inevitabile il 6-2 per il numero uno al mondo.

La reazione d’orgoglio dello scozzese non arriva e nel quarto set, ancora una volta, il primo a prendere il comando del gioco e del punteggio è Djokovic che brekka in apertura Murray. Sul 4-2 nuovo break con Novak avviato ad un trionfo storico e fin troppo semplice nel suo sviluppo. Ma il peso della Storia torna a farsi sentire e dopo oltre 2h di gioco Murray torna a togliere il servizio all’avversario rifacendosi sotto e mettendo ulteriore pressione al momento.

Sul 5-4 una contro smorzata eccezionale di Djokovic sembra di nuovo aprirgli la strada del trionfo ma Murray lotta come forse non aveva fatto in tutti i punti precedenti e riesce a prolungare il match, o forse solo la sua agonia. Infatti al terzo tentativo Djokovic preme sul rovescio di Murray che si inchioda sulla rete.
Il campione serbo può finalmente lasciarsi cadere a terra, vittorioso, felice, svuotato, quasi incredulo. Con quella palla che langue in fondo alla rete ha raggiunto Federer, Nadal, Agassi, Emerson, Laver, Budge e Perry, gli unici in oltre 120 anni di tennis a vincere in tutte e 4 le prove dello Slam.

Durante la cerimonia di premiazione le parole di Murray e di Djokovic tradiscono una grande emozione. Emozione che tutti gli amanti del tennis italiano hanno riscoperto nel rivedere Adriano Panatta sul Philipe Chatrier, ospite della federazione francese, premiare i due finalisti. 

Ora mentre Novak è lì, in mezzo a quel cuore disegnato sulla terra rossa come un Guga Kuerten d’annata, vanno aggiornati i libri, le statistiche di un giocatore che sta monopolizzando il circuito lasciando solo le briciole agli avversari. E quando questo succede, apprende, impara, migliora, alzando continuamente il suo standard e facendosi trovare pronto in ogni situazione, specialmente quelle che contano di più.

Non possiamo che applaudire un grandissimo campione che entra a pieno diritto nell’elite di tutti i tempi e che non lascia intravedere un futuro prossimo diverso dal presente. Anche perché in questo torneo senza Nadal e Federer, nessuno ha saputo inserirsi, nessuno si è messo in luce in maniera eclatante, nemmeno quei giovani di buone speranze che si sono sciolti lungo il torneo senza mostrare innovazioni sul piano del gioco, senza dare l’idea di poter portare qualcosa di fresco, diverso e soprattutto vincente in questo che ormai è il regno di Novak.

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