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Dopo i tornei USA voltiamo pagina. Si è conclusa la parte iniziale della stagione che ha visto il tennis giocato, dall’Australia all’America, sui campi in cemento. Si apre ora la stagione europea che custodisce la tradizione del gioco attraverso l’aristocratica erba di Wimbledon e la rivoluzionaria terra battuta del Roland Garros. I manti erbosi sono stati in principio la superficie culla del tennis, la terra battuta invece quella che ne ha allargato gli orizzonti.

Due superfici affascinanti quanto diverse. L’erba dai rimbalzi vellutati, bassi, veloci e la terra battuta con quelli ruvidi alti e lenti. Due terreni di gioco dalle caratteristiche in parte contrapposte, dato che entrambi consentono lo scivolamento, che hanno permesso al tennis uno sviluppo democratico permettendo a campioni, spesso di scuole di pensiero contrapposte, di arrivare comunque in cima sulla sua vetta.

Il leggendario e mitico Rod Laver diceva che per giocare in modo competitivo sulla terra è necessario armarsi di pazienza e di una grande resistenza mentale e fisica. Aprirsi gli spazi e i tempi risulta un processo meno immediato rispetto all’erba. Per cui sulla terra le traiettorie diagonali e paraboliche cariche ti top spin, risultano quelle ottimali per ottenere il margine necessario per perseguire il successo. Inutile voler sbattere la testa contro il muro cercando scorciatoie. Il tennis sulla terra battuta, nella sua completezza, passa attraverso scambi più lunghi e dinamiche diverse rispetto a quello giocato sull’erba.

Del resto, la stagione europea apre il suo programma proprio con i tornei sulla terra e per questa ragione vedremo come e dove questa superficie ha avuto origine e chi sono stati i suoi più grandi interpreti. In premessa va ricordato come diversi giochi, divenuti nel tempo discipline sportive, abbiano avuto la terra come superficie di riferimento fin dall’inizio. Nello sport l’atletica e in particolare le discipline legate alla corsa ne sono un esempio concreto. Nel tennis però è difficile affermare con certezza quale sia stato il primo campo in terra battuta, mentre è possibile dire che l’affermazione di questa superficie è avvenuta in Francia. Infatti, tra i primi eventi tennistici di richiamo internazionale giocati sulla terra battuta furono il torneo di Montecarlo nel 1897 e le Olimpiadi di Parigi nel 1900.

Ma fu nel 1891, quattordici anni dopo Wimbledon, dove i francesi realizzarono il loro primo evento tennistico, i primi campionati di Francia. Tuttavia, a differenza dei Championship, il torneo francese permetteva ai suoi albori l’iscrizione solo a tennisti francesi, oltre a quelli che erano iscritti a un club di tennis in Francia. In quegli anni primeggiava sopratutto un giocatore di casa: Max Decugis. Questo evento si giocava a Parigi e in principio fu organizzato in sedi diverse. Le più importanti furono il Racing Club de France e le Stade Francais a Saint Cloud. Di fatto, i transalpini miravano anche ad una sorta di apertura al mondo del tennis e per questa ragione dal 1912 al 1923 organizzarono, per primi, i campionati del mondo su terra battuta, il W.H.C.C. (World Hard Court Championship), autentico antesignano del Roland Garros.

Questo periodo di profondi cambiamenti terminò nel 1925 quando furono istituiti i primi Campionati Internazionali di Francia, torneo che divenne in seguito il quarto dello Slam. Nel 1928, l’evento si stabilì quindi nel nuovo stadio intitolato all’eroe di casa della prima guerra mondiale, l’aviatore Roland Garros. Oltre a quanto detto, nel contempo si giocavano diversi tornei internazionali ben prima che i Campionati di Francia si decidessero a concedere agli stranieri la propria virtù. Nello specifico in Riviera, dalla Costa Azzurra alla Provenza, tornei come Montecarlo, Nizza, Cannes, Beaulieu, erano già frequentati da tennisti stranieri. Difatti non è un mistero che il primo club italiano di tennis nato a Bordighera, sia sorto da una costola dei club della Riviera francese. Dopodichè anche l’Italia nel 1930 ha realizzato i sui primi Campionati Internazionali. In principio la manifestazione aveva una sede milanese, spostata poi a Roma per volere del Duce Benito Mussolini, grande appassionato di tennis, presso il Foro Italico.

Ebbene, in questo lungo periodo e in questi magnifici luoghi si sono potute ammirare le gesta di campioni leggendari. Fenomeni che hanno interpretato, innovato e vinto moltissimo sulla terra battuta divenendo delle autentiche icone del tennis su questa superficie. In particolare quattro uomini e tre donne hanno fatto la vera differenza come specialisti nell'intera storia del gioco. Nel loro momento hanno segnato record e successi incredibili che hanno fatto pensare che fossero addirittura imbattibili. Il galateo mi impone di iniziare dalle dame e con mio grande piacere apro il sipario con la prima di questa classe, la “Divina” Suzanne Lenglen.

La campionessa francese degli anni venti è stata un fenomeno che ha tracimato dai confini del tennis esondando in quelli del costume. La Lenglen è stata la campionessa che ha cambiato il volto dello sport femminile mondiale per sempre. Dominatrice assoluta con quattro titoli mondiali su terra battuta (WHCC), quattro campionati francesi e due campionati internazionali di Francia, la “Divina” ha giganteggiato in lungo in largo in tutti i tornei sulla terra battuta della Riviera.

Cercando altre specialiste, forse non all'altezza della Lenglen ma che si possano comunque avvicinare, incontriamo Helen Wills che a cavallo degli anni venti e trenta vinse quattro titoli al Roland Garros. Tra la Lenglen e la Wills ci fu un solo scontro e questo avvenne al torneo di Cannes nel 1927. La partita del secolo, così fu battezzata, fu riportata a livello planetario e vide la vittoria in tre set della "Divina". Lo stesso anno la Lennglen passò al professionismo lasciando per sempre i tornei. Il tennis professionistico femminile, a parte la grande Suzanne, ebbe pochissimo seguito a differenza di quello maschile. Proseguendo il viaggio nel tempo troviamo l'americana Maureen Connoly che vinse il primo Grande Slam in gonnella nel 1953. Maureen vinse oltre a due titoli al Roland Garros anche il torneo di Roma. Dopo la Connoly non è certo possibile dimenticare Margaret Court Smith che vinse ben cinque volte il Roland Garros delle quali tre volte in piena era open (dal 1968).

Per trovare invece un'autentica specialista della terra battuta come la Lenglen, o forse ancora più forte, è necessario arrivare al tennis open dei primi anni settanta. In quel preciso momento è arrivata la stella dell'americana Chris Evert che ha sbaragliato la concorrenza con una serie centenaria di incontri sulla terra che non hanno mai conosciuto sconfitta. Vincitrice al Roland Garros per sette volte e con cinque titoli agli internazionali d’Italia, Chrissie è stata per anni irraggiungibile fino a quando non è arrivata dalla Germania un atleta che ha sconvolto il mondo del tennis, la grandissima Steffi Marie Graf. Una campionessa che ha vinto decine di tornei sulla terra nonché sei corone al Roland Garros. Dopo la Graf altre campionesse hanno tentato di strapparle i record riuscendo però solo a sfiorarla. tra queste si ricordano Justine Hennin con quattro titoli parigini, Monica Seles, Arancha Sanchez Vicario e Serena Williams con tre.

Lascio dunque il campo delle signore per parlare ora degli uomini. Affrontare questo tema però comporta un balzo all’indietro nel tempo. Pertanto mi vedo ancora costretto a tornare ai tempi della “Divina” Lenglen. Qui incontriamo il suo compatriota Henry Jean Cochet numero uno del mondo dal 1928 al 1931. Maestro assoluto del gioco sulla terra battuta con quattro titoli al Roland Garros, tre a Montecarlo e un mondiale nel 1922 (WHCC). Cochet è stato un dominatore assoluto dei tornei in Riviera dove per sfizio amava giocare in doppio con Re Gustavo V di Svezia. Il transalpino è stato inoltre sei volte vincitore della Coppa Davis  insieme agli indimenticabili Renè Lacoste, Jean Borotrà, Jaques Brugnon. Coppa Davis che per cinque volte i francesi hanno vinto sui campi del Roland Garros.

Proprio tra i compagni di Davis di Cochet giocava un tennista che non gli era affatto inferiore. Un campione che ha giocato sei finali consecutive al Roland garros vincendone tre. In una di queste addirittura si tolse la soddisfazione di battere per 11/9 al quinto set il più grande e famoso campione di tennis mai esistito fino a quel momento, l'americano Bill Tilden. Questo giovane parigino è stato il formidabile Jean-Renè Lacoste.

Dopo Cochet e Lacoste il tennis maschile si è spaccato in due tra professionisti e dilettanti fino al 1968. Pertanto fino a quel momento tutti i migliori lasciavano sistematicamente il campo dei tornei per deicarsi a esibizioni ben retribuite, Cochet incluso. Tuttavia, va detto che i grandi professionisti raramente giocavano sulla terra battuta che era dunque rimasta una sorta di esclusiva del tennis dei dilettanti.

Durante questo periodo quattro sono state la figure vincenti tra i campioni dilettanti. In ordine cronologico queste sono state il barone tedesco Gottfried Von Cramm, il ceco Jaroslav Drobny, l'italiano Nicola Pietrangeli e lo spagnolo Manolo Santana. Quattro campioni che hanno vinto due titoli ciascuno al Roland Garros arrivando anche secondi in altre finali. Inoltre nei loro momenti di auge hanno vinto titoli nei tornei di Roma, Montecarlo, Barcellona e Amburgo.  

Oltre a ciò, un discorso a parte lo meritano due fenomenali australiani, forse proprio non autentici specialisti della terra anche se comunque vincenti, che hanno sviluppato le rispettive carriere a cavallo tra l'era professionisti/dilettanti e quella open. Il primo che risponde al nominativo di Ken Rosewall ha vinto il Roland Garros nel 1953 da dilettante e dopo oltre dodici anni dedicati al professionismo ha rivinto a Parigi nel 1968. Chissà cosa avrebbe potuto vincere durante tutti quegli anni di assenza? Il secondo è invece Rod Laver: "Mister Tennis". Il mitico Rod, unico ad aver vinto per due volte il Grande Slam, ha per l'appunto vinto il Roland Garros per due volte, nel 1962 e nel 1969. Anche Laver non ha potuto partecipare al torneo parigino per alcuni anni, cinque per l'esattezza. 

Del resto, per arrivare al fenomeno che potesse sovrastare Cochet nella specialità il salto nel tempo, come per le donne, è assai lungo. Dai ruggenti anni venti e trenta di Cochet bisogna ancora catapultarsi agli anni settanta e alla leggenda venuta dal nord incarnata dal mitico Bjorn Borg. Lo svedese con sei titoli a Parigi, due a Roma, tre a Montecarlo, e ovunque si giocassero tornei sulla terra battuta, aveva sottomesso su questa superficie l’intero pianeta del tennis. Contro di lui gli avversari si accontentavano di contare i games vinti e cercare di evitare brutte figure, piuttosto che mirare a vittorie velleitarie. All'ombra di Borg in quegli anni vi è stata una figura importante che ha lasciato il segno nel tennis open su terra batttua. L'unico giocatore della storia che ha vinto sia al Roland Garros che agli US Open quando per pochi anni sono stati giocati sulla terra. Questa figura è quella del poeta argentino Guillermo Vilas.

Tornando ai record di Borg, gli stessi sono rimasti il punto di riferimento per altri fenomenali terraioli che si sono succeduti, tra i quali troviamo Ivan Lendl, Mats Wilander e Guga Kuerten. Entrambi vincitori di tre titoli ciascuno al Roland Garros, nonchè tutti firmatari dei tornei di Roma e di Montecarlo. Tuttavia, quando i record di Bjorn Borg sembravano sempre più inattaccabili dall’isola spagnola di Maiorca, è arrivato il cannibale che ha divorato ogni record pensabile. Rafael Nadal il “Manolete” del tennis che ha impedito per anni a chiunque di avvicinarsi al suo trono parigino, perfino a sua maestà Roger Federer che è riuscito malgrado l'immensa classe a vincerne soltanto uno.

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