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Wimbledon è terminato. La scena del teatro del tennis si sposta oltre oceano nel continente americano. Olimpiadi brasiliane permettendo il calendario classico del tennis prevede i grandi appuntamenti del Canada e degli Stati Uniti che fungono da preparazione all’atto finale che culmina con gli US Open.

La Grande Mela ospita già da molto tempo questo avvenimento che ebbe gli albori nel 1881. L’impianto di Flushing Meadows è quello in cui si svolgono gli incontri. Impianto che è intitolato alla indimenticabile campionessa a stelle e strisce Billie Jean King. La King ha avuto una storia tennistica ed extra tennistica particolare e per raccontarla compiutamente mi occorre in ausilio l’ispirazione dell’amico e supremo maestro Gianni Clerici che nella sua enciclopedica fatica, 500 anni di tennis, ne illustra le gesta con sapienza e delicatezza impareggiabili.

Billie Jean Moffitt (poi King) nasce nel novembre del 1943 a Long Beach negli USA, protagonista di una vita tempestosa che lascia una traccia umana irripetibile nella storia del gioco del tennis e nel movimento americano femminista, Womens Liberation, dove si era improvvisata pasionaria. Vincitrice di tutte le prove dello Slam (Campionati d’Australia, Roland Garros, Wimbledon, Campionati USA) trionfa per ben 6 volte nel singolare a Wimbledon, il suo giardino di casa.

Gli avvenimenti più importanti nella vita della King e di tutto il tennis femminile si collocano a cavallo tra il 1970 e il 1973. In quegli anni divampavano guerriglie tra la Federazione Internazionale e il WCT, l’organizzazione del ricchissimo petroliere texano Lamar Hunt che tentava di insidiare il monopolio del gioco, in particolare a livello maschile. Il caso King scoppiò durante un torneo californiano diretto dal grande campione Jack Kramer il quale aveva previsto per il torneo femminile un montepremi pari a un decimo di quello dei colleghi uomini.

Le tenniste capeggiate da Billie Jean KIng boicottarono il torneo e nel contempo riuscirono a trovare degli sponsor per un circuito del tennis in gonnella che attraversasse gli Stati Uniti. L’iniziativa ebbe un enorme successo e alla fine dell’anno Billie Jean fu la prima tennista della storia a superare in premi la quota di centomila dollari. Il Presidente USA Richard Nixon si affrettò a telefonarle le sue congratulazioni.

In seguito la King seppe galleggiare come un surfer l’ondata femminista che sommergeva in quegli anni gli USA. Involontariamente le diede un bell’aiuto un tipo che, dei diritti della donna, se ne fregava sicuramente. Questi era Ferdie Pacheco l’impresario del mondiale di boxe tra Muhammed Alì e Joe Frazier, che organizzò la partita tra i sessi, la King contro il vecchio campione di Wimbledon 1939 Bobby Riggs. Il 20 settembre 1973 di fronte a 30.472 paganti, la King annientò quello che le spettatrici dell’Astrodome di Houston definivano sonoramente “Pig”, maiale.

Il successo e la riaffermata parità dei sessi avrebbe fornito una grande spinta al tennis femminile. Le donne giocavano ormai un loro circuito, soprattutto negli USA. All’inizio degli anni settanta avvenne poi il fatale incontro tra Billie Jean e Marlilyn Burnett. Era questa una parrucchiera, presto inseparabile della campionessa, che dopo pochi anni di convivenza minacciò di rendere noto il loro rapporto. Nel 1981 la Burnett trascinò in tribunale la King richiedendo, in un certo senso, gli alimenti per le disattese promesse. La campionessa era si una donna emancipata ma rimaneva, al contempo, figlia di onesti piccolo borghesi, moglie di Larry King e soprattutto simbolo del Womens Liberation.

Billie Jean ne uscì da consumata attrice, affermò col magone di aver sbagliato di essere pentita. Il suo carisma subì una bella scossa ma, nel tirare le somme, va detto che il suo percorso giovò alle donne e alle tenniste ben più di quanto abbia pagato personalmente. Ritiratasi dal gioco nel 1983 è successivamente ritornata sui suoi passi separandosi dal marito e dichiarando pubblicamente la sua omosessualità. Oggi è un’affermata telecronista per la TV americana. Il centro sportivo che ospita gli US Open di tennis a New York è a lei intitolato.

 

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