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Nell’attesa che il torneo di Miami riveli i suoi vincitori sorge spontaneo il pensiero, per chi è nato come il sottoscritto il primo d'aprile, se sui campi di Crandon Park si è manifestato per l'appunto lo scherzo di un pesce d'aprile.

Confesso di essere stato stupito dalle gesta di un giocatore in particolare, una figura che certo non incarna il divo del tennis, ma che nella sorpresa generale ha recitato nel torneo il ruolo del gigante combinando più di uno sgambetto ai suoi malcapitati avversari.

Nello specifico mi riferisco all’argentino Horacio Zeballos che ho avuto la fortuna di commentare per Sky Sport più di una volta. L’argentino, come già detto, non è una figura da prima pagina, ma per chi si occupa di formazione e di giovani ha invece costituito un esempio di comportamento sportivo interessante.

Innanzitutto Horacio Zeballos è arrivato a Miami per giocare le qualificazioni dove ha perduto all’ultimo turno dal giapponese Nishioka. Di seguito è stato ripescato dalla sorte come lucky loser al posto di sua Maestà Roger Federer, purtroppo alle prese con una gastrointerite. A questo punto Zeballos ha iniziato la sua miracolosa cavalcata nel torneo superando Juan Martin del Potro e Fernando Verdasco, prima di arrendersi con l'onore delle armi al belga Goffin che ha raggiunto le semifinali al cospetto del "Pelide" Djokovic.

Tuttavia, un altro fatto che mi ha colpito sensibilmente è stata una lettera scritta dall’argentino Hernan Chousa proprio sulla fenomenologia Zeballos. Una lettera inviatami dal mio amico argentino Guillermo Rivas con il quale ho avuto il piacere di giocare negli indimenticabili anni ottanta. Rivas fa parte di quei giocatori come Castellan, Arguello, Gattiker, Luza, Rivera, Cano, Guerreo, Jaite, Ganzabal, Bengochea, e altri compagni d'avventura (se ho dimenticato qualcuno mi scuso) che non mollavano mai un centimetro sul campo fino all'ultimo respiro, fino all’ultima palla.

Nella speranza di far cosa gradita al lettore riporto i passaggi principali della lettera di Hernan Chousa.

“Horacio Zeballos si è regalato la seconda grande allegria della sua vita tennistica. Pochi anni fa ha battuto Rafael Nadal nella finale di un torneo ATP in Cile sulla terra battuta e ieri ha superato Del Potro sul campo centrale in cemento del Miami Open. Riassumendo ha battuto due campionissimi nel “patio de su casa”.

Zeballos a diciannove anni era un ragazzo normale come qualsiasi altro della sua età. Aveva terminato gli studi presso un liceo a Mar del Plata e nei fine settimana veniva a giocare la gara a squadre per il BALTC (Buenos Aires Lawn Tennis Club). Horacio giocava dove gli veniva detto di giocare senza alcun privilegio, senza mai protestare, senza fare reclami.

Le famiglie dei giovani tennisti di talento dovrebbero ispirarsi al modello dei Zeballos, dei Berlock, degli Shwartzman perché la cosa più probabile e che i loro figli, se avranno successo nel tennis, diventeranno come loro. Ovviamente tutti desiderano avere in casa un Delpo o un Rafa, però le statistiche dicono che il primo lotto di giocatori sopramenzionato è quello più probabile.

Una delle armi segrete di Horacio Zeballos è suo padre, il quale ha sempre avuto un’eccellente relazione col figlio allenandolo fino ai suoi 18/19 anni. Fatta questa premessa emerge l'auspicio di un cambio di prospettiva nella relazione tra genitore e figlio. Prospettiva che in generale nelle menti dei genitori proietta i ragazzi a perseguire, in forma quasi esclusiva, il miraggio del campionismo.

Come cambio mio figlio perché diventi un campione, oppure al contrario, come cambiare noi stessi per essere genitori migliori in modo che i nostri figli arrivino ad esprimere il loro potenziale?

La risposta a questa domanda sta forse nel fatto che siamo noi genitori a doverci allenare per aiutare i nostri figli a raggiungere gli obiettivi e un auspicabile successo in ciò che loro, non noi, hanno deciso di intraprendere”.

Quanto scritto nella lettera ricalca incontrovertibilmente la filosofia di grandi pensatori e di grandi pedagogisti cha vanno da Jean Jaques Rousseau a Jean Piaget. Pertanto non mi resta che salutare Hernan e Guillermo e ringraziarli per questo raffinato pensiero, un prezioso regalo di compleanno.

Grazie Hernan, grazie Guillermo.

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