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Dulcis in fundo.

Non poteva esserci epilogo migliore e avvincente per questo 2016 tennistico.

Ultimo torneo, ultimo match, titolo di Maestro dei Maestri e numero 1 al mondo in palio per il vincitore. Di fronte, ovviamente, i primi 2 della classe, i dominatori della stagione: Andy Murray e Novak Djokovic. Impossibile pensare potesse succedere solo qualche mese fa. Stasera invece è realtà; poche volte una sola partita ha avuto un’ importanza così rilevante all’interno di una singola stagione come quella di scena alla O2 Arena di Londra davanti a 17000 spettatori.

Murray e Djokovic, Djokovic e Murray; che barba! che noia! avrebbe detto (senza crederci troppo) scalciando sotto le coperte l’indimenticabile coppia Vianello-Mondaini. Sempre loro, dall’inizio dell’anno sempre e comunque loro due. Non che si siano affrontati tantissime volte, 5 contro le 7 dello scorso anno, ma uno dei due se non entrambi hanno sempre raggiunto le fasi finali dei tornei ai quali hanno partecipato chiudendo già in partenza le velleità di successo degli altri giocatori del circuito.

Durante la stagione hanno partecipato entrambi contemporaneamente a 13 tornei: i 4 Slam, le Olimpiadi, Il Master di Londra e 7 Master 1000. In 11 casi è stato uno di loro due a trionfare e soltanto a MonteCarlo nessuno dei due era presente in finale. L’altro torneo che ha visto trionfare un giocatore diverso è stato lo US Open vinto da Wawrinka. Insomma un dominio assoluto.

All’interno di questa dittatura va però fatta una separazione netta, quasi chirurgica che prende il nome di Roland Garros. Il giorno della finale vinta dal serbo ha rappresentato lo spartiacque della stagione; è stato il punto più alto della stagione e forse della carriera di Nole, ma allo stesso tempo l’inizio della sua discesa. Per Andy è stato forse il giorno più frustrante con la quinta sconfitta consecutiva in uno Slam contro il rivale serbo, ma anche l’inizio di una rincorsa incredibile, impronosticabile e forse per questo ancor più bella. Con la vittoria parigina Djoko salì a 45-3 ( da li in poi sarà soltanto 18-6) nel computo vittorie-sconfitte e per lui si preannunciavano risultati strabilianti, storici, Più d’uno paventò il Grande Slam, ma le cose (ricorda per certi versi la storia di Serena Williams nel 2015/16) precipitarono e chissà, se proprio a causa di questi pensieri. Per il suo antagonista scozzese invece, l’andamento fu esattamente opposto. 23-6 il bilancio all’epoca del secondo Slam dell’anno, un pazzesco 52-3 da quel momento in poi con 8 tornei vinti, una finale ed una semifinale. Non solo, gli ultimi 5 tornei disputati sono stati tutti vinti con una striscia ancora aperta di 25 vittorie consecutive.

Questo brevissimo sunto stagionale amplifica chiaramente un concetto: mai finale del Master è stata più “giusta” e decisiva di quella odierna.

Murray la gioca per la prima volta e per la prima volta affronta Djokovic da numero 1 al mondo. Djokovic detiene il titolo da 4 edizioni consecutive (come lui nessuno mai) ma per la prima volta non parte da favorito. In realtà è lo scozzese ad avere tutto da perdere perché in caso di sconfitta perderebbe quel primato in classifica guadagnato solo 14 giorni prima, interromperebbe la sua striscia vincente e darebbe ragione a tutti coloro che non lo ritengono un n°1 all’altezza dei un tale onore.

Pronti via con lo scozzese al servizio e... doppio fallo!! Si poteva iniziare meglio. I maligni già sorridono sotto i baffi ma non hanno fatto i conti con Djokovic. La sua partita è senz’anima, spenta già dalle prime battute e non migliora con il tempo, anzi peggiora continumente. Un unico sussulto, quando è spalle al muro ma nulla di più e soprattutto non sufficiente a rendere incerto il risultato. Sul 4-3 arriva il primo break per Murray. Un break nell’aria già dal game precedente che porta lo scozzese a servire per il primo Set. Reazione di Djokovic? Assente e prima partita britannica 6-3. Chi si aspetta un cambio dell’andamento resta deluso. Immediato break dell’allievo di Lendl e bissa poco dopo. In un Amen anche il secondo Set sembra finito ma ecco una piccola luce alla fine del tunnel. Nole risponde in campo, finalmente!!, prende in mano il comando del gioco e vince per la prima volta nel match 2 giochi consecutivi. Murray però non si scompone più di tanto, va a servire sul 5-4 e dopo 2 match point annullati (anche qua merito a Djokovic che ha giocato alla Djokovic solo nelle situazioni disperate) ottiene la vittoria finale, il titolo di Maestro e il n° 1 in classifica di fine anno.

Complessivamente il match è stato brutto (soprattutto per colpa di Nole) e lascia poco spazio ai numeri, alle statistiche, ai commenti tecnico-tattici. Anzi no un numero lo lascia e lo evidenzia: 30!

30 errori gratuiti. 30 punti regalati dal serbo allo scozzese. 30 colpi (di tutti i tipi, dritto, rovescio, risposta, smash) giocati fuori dal campo o in rete. Nei primi 6 mesi neanche impegnandosi Djokovic avrebbe fatto così tanti errori gratuiti. E non certo per problemi tecnici o di scelta tattica. E non crediamo nemmeno per una carenza atletica, o forse solo un po’. Qualcosa si è inceppato nella mente del giocatore, solo lui e la sua crew sanno (ce lo auguriamo per lui) quale si il fattore scatenante. Una sconfitta? Aspettative troppo alte? Problemi personali? Sta di fatto che non è più lo stesso. Il linguaggio del corpo dice chiaramente che non è più lo stesso. E quando le cose stanno così, in uno sport individuale ad altissima componente psico-cognitiva, tutto il resto non conta più. I colpi, la tecnica, la tattica cedono inesorabilmente il passo.

Detto questo non si vuole assolutamente minimizzare la vittoria di Murray o delegittimarlo del suo valore assoluto di numero 1. Ha dimostrato con grande continuità di valerlo, di meritarlo grazie a scelte oculate anche se difficili (vedi ritorno al suo fianco di Lendl) ed una determinazione invidiabile. Certo, è innegabile che il ragazzo abbia talento, ma non molto di più di altri che arrancano per trovare qualche minuto di notorietà. Ha avuto pazienza, ha saputo aspettare il suo momento e nel frattempo migliorare soprattutto nella gestione strategica ed emotiva delle partite.

Al momento detiene gli allori più prestigiosi per un tennista: Wimbledon, Olimpiadi, Master e Coppa Davis. Trovate un numero 1 migliore???

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