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ATP Master 1000 di Cincinnati, ultimo grande appuntamento sul cemento americano, precedente gli US Open, impoverito nella forma per via delle assenze di molti grandi nomi, ma non nella sostanza; incertezza nei pronostici, match equilibrati e tennis agonistico si sono rivelati gli ingredienti per fare, malgrado tutto, di Cincinnati una competizione avvincente ed appassionante. Torneo che trova la sua naturale conclusione nella finale che vede contrapposti due atleti che nella concezione comune, sarebbero dovuti essere destinati ad occupare i piani più alti del tennis mondiale: Nick Kyrgios, fautore dell’eliminazione di Rafa Nadal, e Grigor Dimitrov, protagonista di una stagione fino a qui straordinaria.

Per il “baby Federer”, soprannome che veniva attribuito al bulgaro nei primi anni della sua carriera per via delle movenze che ricordano quelle del campione svizzero, come detto, si prevedeva una carriera ben diversa da quella fatta sino ad ora dall’attuale numero 9 del mondo, ed è per tale ragione che l’aggettivo “straordinaria” dovrebbe suonare come una stonatura se legato a risultati che per lui avrebbero dovuto invece far parte dell’ordinarietà. Dopo un 2014 eccezionale, migliore annata della carriera, che trovò il suo apice nella semifinale a Wimbledon, Dimitrov si è infatti reso protagonista di stagioni povere, deludenti, lontanissime dai risultati che ci si sarebbe aspettati da un giocatore con il suo talento, sia atletico che manuale; solo 3 anni più tardi, all’età di 26 anni, il bulgaro si ripresenta nei primi 10 del mondo, mediante una maturazione che crediamo non possa che passare dal progressivo calo dell’interesse mediatico nei confronti della figura di Dimitrov, il quale probabilmente, svincolato dalle pressioni dell’ambiente, ha trovato giovamento e nuova linfa. Non è escluso che il bulgaro possa percorrere una carriera a modi Wawrinka, vincendo magari degli Slam in “tarda età”, quando, senza molto più da chiedere a sé stesso, potrà giocare con mente e braccio un po’ più liberi.

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Situazione simile, ma differente per Nick Kyrgios, il quale se vogliamo potrebbe essere ancor più devastante; un fisico imponente che poco toglie però alla mobilità, ottimo tocco così come ottimi sono i mezzi tecnici, uno dei pochi giocatori di nuova generazione a portare la propria azione di gioco quasi mai lontano dalla linea di base ed un grande servizio, sono caratteristiche che potrebbero fare di lui una macchina perfetta in relazione ad un tennis contemporaneo così muscolare. Ma allora come mai tarda ad arrivare la definitiva consacrazione? In questo caso non è tanto la pressione a far tremare il braccio e la mente; la sensazione è che l’australiano scenda in campo con disinteresse, “come se ti stesse facendo una cortesia”, pare che egli veda solo l’aspetto del lavoro, del dovere e quasi mai quello della passione e dell’ambizione. A dirla tutta, questo è un problema che investe molti tra i più giovani in tutti gli sport che riscontrano un grosso clamore mediatico; travolti dall’improvvisa notorietà, dall’alta considerazione, dal successo, questi paiono assomigliare più a superstar hollywoodiane piuttosto che a sportivi professionisti. Per carità, nulla di male! Ma non possiamo che esprimere amarezza nel registrare come, in alcune circostanze, cotanto talento fisico, piuttosto che tecnico, non sia accompagnato da una mente altrettanto produttiva.

 

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Ma torniamo a parlare di una partita dal difficile pronostico, che si è rivelata molto appassionante. Parte Dimitrov al servizio di un primo parziale che lo ha visto in controllo del campo; è centrato il bulgaro, benissimo al servizio così come in risposta. Un’ottima solidità gli permette di gestire i numerosi scambi prolungati da fondocampo, producendo diversi vincenti e, sorprendentemente, davvero pochi, pochissimi errori, a differenza di Kyrgios il quale, nel tentativo di abbattere il muro di gomma bulgaro, si è visto costretto a prendersi diversi rischi, perdendo nella maggior parte dei casi la misura dei propri colpi. Sfruttare le proprie peculiarità per prendere la rete, togliendo tempo e spazio all’avversario, sarebbe potuta essere probabilmente per l’australiano una soluzione strategico-tattica più efficace. Kyrgios che perderà il servizio nel corso del sesto game, il che varrà al bulgaro un vantaggio di 4 giochi a 2; a poco servirà il tentativo dell’australiano nel gioco successivo, unico frangente del primo set in cui il numero 18 del mondo è sembrato più solido e concentrato. Palla break annullata da Dimitrov che si porta sul 5-2; chiuderà poi il parziale a fronte dell’ennesimo dritto fuori giri dell’avversario, col punteggio di 6 giochi a tre.

Secondo set in cui l’evoluzione del gioco prosegue sulle orme del primo, sebbene presenti un maggior equilibrio nel punteggio. “Segue il consiglio”, per così dire, Kyrgios e prova a rimischiare le carte presentandosi più spesso nei pressi della rete, ma un po’ per suoi demeriti, attacchi portati non benissimo e volée giocate peggio (giocate dando modo all’avversario di arrivare sulla palla), ed in parte per merito di Dimitrov, l’australiano non riesce a raccogliere quanto sperato. Se Kyrgios appare monotematico, di contro Dimitrov mostra un tennis a tutto campo, ricco di variazioni nelle rotazioni nelle traiettorie così come nell’azione di gioco; eloquente quanto spettacolare il punto giocato sullo 0-1, 15-0 servizio Dimitrov: sballottato da una parte e dall’altra del campo, come fosse un tergicristallo, il bulgaro si esalta in tutto il suo atletismo ed innata elasticità, che gli consentono in minor tempo di coprire una maggior porzione di campo, proponendo recuperi in back, profondi che hanno l’effetto di togliere all’avversario la possibilità di esplodere in accelerazioni salendo sopra la palla. Punto che si chiude a favore del numero 9 del mondo a seguito di una contro-smorzata deliziosa, davvero “alla Roger”. Punto che non solo mostra le qualità a tutto tondo del bulgaro, nonché le differenze nel ventaglio delle soluzioni a disposizione dei due contendenti, ma che mette in evidenza soprattutto la lucidità di scelta che precede ogni azione di Dimitrov; dote di cui Kyrgios si è mostrato carente. Parziale che seguirà il servizio dei due giocatori protraendosi sino al 5 pari, punteggio in cui sarà ancora una volta Dimitrov ad immettersi per primo nella corsia di sorpasso, strappando la battuta all’australiano. Dopo la doppietta Washington-Montreal di Alexander Zverev, una vittoria di Kyrgios avrebbe costituito la riprova per un tanto agoniato cambio generazionale; è invece Dimitrov ad avere la meglio, a seguito di una partita pressoché perfetta, chiusa in soli 86 minuti di gioco con il punteggio di 6/3 7/5, che vale per lui, all’età di 26 anni, il primo titolo in un Master 1000.

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