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Andy Murray e Angelique Kerber si trovano a fine stagione sul tetto del mondo. Per loro si tratta della prima volta. Novak Djokovic e Serena Williams che parevano invincibili, sono stati scalzati dal trono. Un ricambio che assicura vitalità e qualità al movimento del tennis? Di norma la risposta è si, dato che questi elementi risultano frequentemente salutari nell’ambiente in cui si manifestano. Speriamo che il gioco dai gesti bianchi non si riveli però la classica eccezione che conferma la regola. Mettiamo dunque la questione sotto la lente d’ingrandimento dell’occhio di falco.


Nel 2017 tra gli attuali top 10 solo tre giocatori rimarranno under 30. Nello specifico il canadese Milos Raonic, il giapponese Kei Nishikori, il croato Marian Cilic. Mentre la situazione al femminile è diametralmente opposta. Solo due tenniste saranno prossimamente le over 30, Serena Williams e Svetlana Kuznetsova. Se tra le signore hanno disatteso i pronostici la svizzera Bencic e la canadese Bouchard, altre giovani si sono invece accreditate. Su tutte spiccano la spagnola Garbine Muguruza e l’americana Madison Keys. A livello maschile, a parte il giovane ma non giovanissimo Dominic Thiem neo ottavo mondiale, premono a ridosso della top 10 l’australiano Kyrgios e il francese Pouille. Malgrado ciò l’attesa febbrile, da parte degli addetti ai lavori, è tutta orientata sull’angelo biondo tedesco, il diciannovenne Alexander Zverev. Chiudo questa carrellata con una breve deviazione di rotta per spendere due parole su un mio pallino, il canadese Denis Shapovalov classe 1999.

Il diciassettenne Shapovalov, attuale 250 ATP, ha vinto quest’anno il torneo juniores di Wimbledon e ben figurato al Master 1000 di casa dove ha preso lo scalpo di Nick Kyrgios prima di cedere al bulgaro Grigor Dimitrov. Tuttavia, questi accadimenti non sono quelli che mi hanno colpito, questo perchè il bravo Denis deve ancora molto dimostrare in termini di risultati tra i grandi. Del resto, ciò che mi ha davvero folgorato è il suo magnifico tennis, ricco di inventiva e di soluzioni strategico tattiche. Cari amici, provate ad immaginare per un attimo il francese Henry Leconte con maggior fisicità e avrete un’idea dell’arte di Denis Shapovalov. Ovviamente, il ragazzo, dovrà fare i conti con l’universo del tennis, essere supportato dai nervi e da una sapiente visione di gioco per tradurre il suo genio in risultati. E se ciò dovesse accadere il nostro sport sarà nuovamente rilanciato verso un futuro splendente.

Tornando ora sulla via principale del discorso, il quadro generale fa chiaramente intendere come le signore del tennis di alto rango siano ben più giovani dei colleghi uomini. Ciò nonostante che le femmine anticipino la maturazione rispetto ai maschi è cosa risaputa, anche se a guardar bene la classifica e i risultati nei tornei maschili si intravvedono molti over 30 quali autentici mattatori. Un fatto senza precedenti nel tennis open, anche perché il gioco attuale è sempre più potente, fisico e veloce e quindi dovrebbe essere materia esclusiva per giovani. Questo dato ci fa ancora una volta capire con lampante evidenza quanto il fattore emotivo, cognitivo e dell’esperienza, o se preferite della mente, sia prevalente nello sport del tennis.

L’evoluzione della disciplina e gli attrezzi attuali comportano una gamma di soluzioni di gioco più ampie rispetto al passato. Di conseguenza la capacità di prevedere, capire, raccogliere dati e prendere decisioni risulta più complessa. Probabilmente ha la sua incidenza anche un certo decadimento nell’insegnamento dell’arte e della scienza del gioco, se tanti tennisti impiegano così tanto tempo a esprimere il loro meglio. Infatti, diversi giocatori ottengono addirittura il “best ranking” ben oltre le trenta primavere, dopo quasi due lustri passati nel circuito. Un fatto che fa profondamente pensare.

Tra le altre cose, fa oltremodo riflettere il percorso tennistico del quasi quarantenne Ivo Karlovic; il gigante croato vittima dei nervi nell’incontro decisivo di Coppa Davis che ha consegnato l’insalatiera per la prima volta nella storia all’Argentina. Pensate che Ivo il buono, ha guadagnato in carriera quasi la metà del suo “prize money” negli ultimi tre anni di attività. Attività iniziata praticamente nel secolo scorso, esattamente nel 1999, anno in cui è nato Denis Shapovalov. Attualmente Karlovic ricopre la posizione numero venti della classifica ATP. Niente male per un signore che potrebbe già tranquillamente competere nel senior tour. Tuttavia, viste le caratteristiche del circuito attuale, credo che il croato rinvierà il ritiro più in la nel tempo.

Voltando pagina, la stagione che si sta preparando dovrebbe prevedere il rientro di Roger Federer e di Rafael Nadal. Due campioni immensi che hanno fatto lievitare il “PIL” del tennis mondiale a livelli inimmaginabili. Un risultato di cui oggi beneficiano tutti, uomini e donne. Un dato che purtroppo nel contempo ha probabilmente impedito, ai più talentuosi tra i giovani, di ultimare il processo di maturazione, privandoli di una certa motivazione. Attualmente se sei un under 23 con una classifica da top 40 e ci rimani un paio d’anni, puoi vivere di rendita per il resto dei tuoi giorni. Mentre, ad esempio, il John McEnroe diciottenne e semifinalista a Wimbledon nel 1977, è dovuto diventare SuperMac per affermarsi tennisticamente ed economicamente.

Personalmente, credo che il circuito internazionale dovrebbe cercare di arricchire meno i giocatori al di fuori di una certa elite e spalmare le risorse in modo più ampio per concedere opportunità economiche di sostentamento a più tennisti possibile. Di fatto il tennis è uno sport che ha una piramide economica stretta e verticale, per cui il rischio di perdere talenti nelle retrovie è sensibile rispetto a discipline poco costose all’ingresso nelle prime esperienze. Logicamente quanto detto, non coincide con questioni legate al marketing, laddove il guadagno del momento passa sopra ad ogni cosa, addirittura anche sopra il possibile futuro del tennis. Inoltre, penso che il sistema mondiale dovrebbe cercare in primis la via dello sport piuttosto che imporre la spettacolarizzazione, la quale dovrebbe invece essere solo una conseguenza dell’evento sportivo. Il torneo Olimpico e la Coppa Davis di questo 2016 con pochi soldi e punti insegnano.

A mio avviso, per queste varie ragioni il domani del nostro sport dovrà passare attraverso diversi aggiustamenti. Dato che grandi interpreti come Federer, Nadal, Serena Williams & Co non si trovano dietro l’angolo, il tennis avrà necessità di ritrovarsi e per far questo la sua storia secolare potrà essergli di aiuto. Un tempo questo sport era come un giardino all’interno del quale si potevano ammirare i più disparati generi floreali. In altre parole, il gioco era abitato da tennisti che sviluppavano, ognuno a suo modo, differenti stili. La contrapposizione tra stili diversi è da sempre stata l’anima della disciplina. Snaturarla, rendendo il tennis un gioco per automi, è stato un errore colossale che solo la luce abbagliante di Roger Federer ha saputo nascondere. Adesso è ora di rimediare.

Da dove partire? Visto che indietro nell’evoluzione delle cose difficilmente si può andare, è opportuno comprendere i punti essenziali su cui intervenire. Due sono in via principale quelli da trattare: la palla e le superfici. La palla innanzitutto dovrebbe diminuire di velocità, quindi andrebbe sgonfiata oppure aumentata di dimensione. Personalmente propendo per la prima soluzione, utile a frenare la velocità della sfera nell’aria rendendola inoltre più floscia e bassa nel rimbalzo, smorzandone così l’impatto al contatto con le corde. Questo primo passaggio toglierebbe al servizio la possibilità di uccidere costantemente il punto e al tempo stesso impedirebbe alla risposta di essere letale. Ovviamente servizi e risposte vincenti risulterebbero ancora possibili, ma non più preponderanti perché sostituiti in buona parte da sorpresa e piazzamento della giocata, per aprirsi gli spazi di campo.

Infine, le superfici dovrebbero tornare all’antico e quindi diverse tra loro e, anche se l’erba tornerà ad avvantaggiare la volèe e viceversa la terra battuta il rimbalzo, diventare meno “rimbalzose” rispetto a quelle attuali. Di fatto, i rimbalzi bassi obbligano i giocatori a impiegare più spesso traiettorie curve che per loro natura frenano la velocità della palla durante il suo tragitto. Difatti, in questo caso, l’angolo di uscita della palla dalle corde è acuto e orientato verso l’alto. Tutti questi fattori, combinati fra loro, consentirebbero nuovamente alla volèe di poter intercettare i passanti facendo rinascere il gioco di volo, senza per questo svantaggiare quello di rimbalzo.

 

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