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Gli appassionati del nostro meraviglioso sport sono tanti. Capita spesso di venire contattati per rispondere alle domande più strane. Alcune però, credo meritino di essere portate all’attenzione generale perché riflettono problematiche che toccano più di altre l’evoluzione del nostro amato sport.


Attraverso un social Pietro Guisso mi chiede: Ciao Luca. Visto che di tennis e tennisti italiani c'è poco da dire (e mi sa per molto tempo) ti faccio due domande: cambieresti qualcosa nel regolamento per rendere il gioco più interessante? Ho letto di una proposta di lasciar correre il net sul servizio (come nella pallavolo) che ne pensi?
Rispondo bloccando immediatamente la racchetta, “pardon” la penna. Questo perché la proposta di far servire come nella pallavolo è una BOMBA (stupidaggine) che batte ogni record di velocità. In altre parole si tratta di una proposta indecente.

Tuttavia questa bomba non è la sola, vediamone brevemente altre tra le più note:
Cambiare il regolamento facendo servire una sola palla? Altra “raffica” già sparata.

Adottare una formula per accorciare i set e magari far giocare il punto secco sul quaranta pari? Non sarebbe più arte del tennis ma intrattenimento liquido da “Luna Park”.

Utilizzare un long tie break nel set decisivo come avviene nel doppio?
Un azzardo da “Casinò” che nulla ha a che vedere con l’impiego di un tie break a sei giochi pari, dopo una corsa fianco a fianco verso il traguardo. Personalmente preferisco sempre la formula senza tie break nel set finale, proprio come avviene nel torneo di Wimbledon, la culla del tennis.

Di fatto un problema evidente è quello di un tennis troppo uguale dove pare che gli interpeti suonino un disco rotto. Il confronto tra stili ed in particolare l’espressione di un gioco raffinato di volo sono elementi che paiono evaporati nel tempo.

Perché si arrivati allo stato di cose attuali?
La questione ha origine dall'omologazione delle superfici apportata dalla ITF, ATP e WTA nei primi anni 2000. Una trasformazione che ha consentito di stabilizzare le condizioni di gioco per rendere facilitati gli adattamenti dei giocatori i quali hanno dovuto evitare meno trappole dovute dall’imprevisto. In cambio i campioni si sono impegnati a giocare di più.

Questa omologazione ha prodotto rimbalzi molto più alti che nel passato sulle diverse superfici. In generale i rimbalzi alti consentono lo sviluppo di un tennis muscolare e potente perché dall’alto, da sopra la rete, si facilitano le traiettorie lineari. I motori possono essere quindi sempre accesi al massimo per il corri e tira che ribadisco favorisce il muscolo a discapito dell’arte del gioco, del confronto fra stili.

Infatti non si erano mai visti giocatori della tipologia dell’americano John Isner che malgrado la sua altezza predilige il gioco a fondo campo su superfici come la terra battuta. Questo perché l’attrito della palla, sulla terra e sul cemento ruvido di oggi, è maggiore e ciò permette alla palla di rimbalzare ancora più alta.

Quindi il buon Isner spara dall’attico bordate di dritto e di rovescio verso il basso come se “smecciasse”. Ovviamente, per il suo avversario prendere la rete in queste condizioni ed essere impallinato dovrebbe prevedere il giubbotto antiproiettile che possibilmente sarà presto disponibile sul mercato prodotto dalla Nike o magari dall’Adidas. Malgrado ciò, create dall'ambiente le condizioni sopramenzionate, fa sorridere che poi si sventoli la bandiera della guerra al doping.

Voltando pagina una soluzione possibile a questa “Babele” sarebbe quella di tornare almeno a differenziare le superfici come un tempo. Dico almeno perché tornare alle racchette di legno sarebbe una strada non percorribile per ovvi motivi commerciali. Di fatto i nuovi materiali, senza tirare in ballo il tennis di vertice, hanno consentito al tennista amatoriale un approccio favoloso e immediato allargando la base dei praticanti.

Dunque il punto essenziale ruota attorno ai rimbalzi e se la palla rimbalzasse di meno costringerebbe i giocatori ad alzarla, quindi ad impiegare traiettorie curve (paraboliche) che per loro natura fanno ridurre le velocità, se si desidera evitare il decollo della sfera. Pertanto la palla galleggerebbe in aria quel tanto in più per consentire alla volée di catturarla e di poter avanzare verso rete.

Un altro suggerimento da cogliere lo fornisce la storia. Quando il torneo di Wimbledon vide la luce nel 1877 il campo era più grande, le arre di battuta più ampie, la rete più alta, nel centro misurava 145 centimetri. Già nel 1883 il campo e la rete presero le dimensioni attuali perché gli antenati avevano studiato la materia tennis e adattato le misure in modo che i giocatori potessero far fiorire questa meravigliosa disciplina. Nulla vieta oggi di mettere mano a studi che riadattino certe misurazioni agli atleti ed ai materiali attuali.

Arrivati a tal punto sorge una domanda spontanea: “perché è accaduto ciò che è successo?
Il primo motivo credo sia stato quello di cercare di mettere un freno all’avanzata prepotente della velocità nel gioco. Alla luce dei fatti l’obiettivo non è stato neanche sfiorato, mentre è stata prodotta una sorta di clone, o se preferite, robotizzazione del tennista. Tuttavia non è mai troppo tardi per ripensare il tennis del futuro e rimediare dove si sono commessi errori.

Il secondo motivo riguarda invece un aspetto commerciale. Mi spiego. Campioni che affrontano condizioni spesso uguali, modellate sul loro tennis, arrivano di sovente in fondo alla competizione. Questo fatto garantisce un forte seguito perché il pubblico comprende e idolatra da sempre i vincitori. Per questo lo show business ha tentato di riproporre all’infinito lo stesso filmato in modo da evitare turbative. Quanto ho riportato in queste ultime righe è il pensiero di un grande campione di Wimbledon di fine ottocento, un intellettuale riconosciuto che risponde al nome di Wilfred Baddeley.

In conclusione, mi chiedo quanto sia cambiato nella sensibilità del mondo dell’audience rispetto agli scritti di Baddeley del 1895. Eppure giornali, radio e televisioni hanno potuto diffondere e alfabetizzare il pubblico per decadi al magnifico teatro del tennis. Se invece la mira generale è stata quella di fare una facile e rapida cassa, senza costruire l’amore per l’arte del gioco, allora quando il grande campione cadrà dall’altare dove è stato posto, allora sì avremo a che fare col lato oscuro della luna.

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