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Come ogni anno, gli ultimi giorni di dicembre e i primi di gennaio si prestano bene ad un riepilogo generale di quanto successo e ad un tentativo di anticipare quello che potrebbe succedere nei mesi seguenti. Commenti, giudizi, previsioni diventano lo Sport preferito di quasi tutti noi, in campo sportivo, scolastico, lavorativo, politico...

Pur senza esimerci da questa abitudine, nelle righe successive vogliamo cercare di mostrare il 2016 del tennis quasi in modo didascalico, analizzare anche con qualche numero dove siamo arrivati e dove stiamo andando lasciando al lettore la possibilità di trarre a sua volta le conclusioni che riterrà più opportune.

Per prima cosa iniziamo da un dato storico: mai, nella storia della classifica ATP, nei primi 10 posti di fine anno ci sono stati 10 giocatori di nazionalità diversa. Il record precedente non era nemmeno di 9 bensi di 8 ma il 2016 ha rappresentato un’eccezione veramente particolare e significativa. Non solo; anche il numero 11 ATP (Goffin) proviene da una nazione, il Belgio, non presente nei primi 10 e quindi ai primi 11 posti sono presenti 11 diverse nazionalità.

Frutto ovviamente della globalizzazione, del continuo interscambio di persone ed idee tra i vari confini, della condivisione pratica e social di metodi, programmi, obiettivi...Certo i giocatori si formano nei propri paesi (anche se sempre più ragazzi si trasferiscono in età formativa), ma arrivati al top level non esitano ad affidarsi, giustamente, a chi ritengono il più adatto alla loro crescita fregandosene del passaporto.

Ecco allora che il serbo Djokovic ha avuto fino pochi giorni fa un allenatore tedesco, lo scozzese Murray un ceco, lo svizzero Federer il croato Ljubicic, il croato Raonic un gruppo italo-spagnolo-americano. La tendenza ad avere molte nazioni presenti in classifica non è una discriminante soltanto maschile. Nelle prime 10 giocatrici WTA solo gli Stati Uniti presentano due portacolori (Williams e Keys) e quindi sono rappresentate ben 9 bandiere.

Come se non bastasse, le nazioni “femminili” sono quasi completamente diverse da quelle “maschili” allargando ancor di più la porzione di mondo rappresentato. In totale, su 20 posti disponibili (10+10) troviamo 16 nazionalità diverse: Gran Bretagna (Murray e Konta), Spagna (Nadal e Muguruza), USA (Williams e Keys), Rep. Ceca (Berdych e Pliskova), Germania (Kerber), Serbia (Djokovic), Canada (Raonic), Polonia (Radwanska), Svizzera (Wawrinka), Romania (Halep), Giappone (Nishikori), Slovacchia (Cibulkova), Croazia (Cilic), Francia (Monfils), Austria (Thiem), Russia (Kuznetsova). 13 nazioni europee, 2 nordamericane ed una asiatica. Questa la nuova geografia dei top ten.

Rimanendo ancora un attimo sulla classifica di fine anno proponiamo altri dati che possono essere utili per l’analisi dell’anno che stiamo per concludere. Partiamo dai punti. A fine 2015 i primi 4 giocatori della classifica avevano ottenuto un totale di circa 40.700 punti ATP con una differenza di oltre 7.000 punti tra il primo (Nole) ed il secondo (Murray).

Quest’anno i primi 4 hanno collezionato 34.700 punti lasciando “per strada” ben 6000 punti ATP. In più Murray e Djokovic hanno finito quasi appaiati a 12.000 cosi come Raonic e Wawrinka sono arrivati a braccetto intorno ai 5.400 punti. La conclusione è presto fatta seppur nella sua banalità: mancando Federer e Nadal per vari motivi, nessun altro è stato in grado di rilevarne la posizione, non tanto in forma numerica quanto qualitativa e di Status.

Questo ha reso il 2016 (specialmente la seconda metà) un bipolio serbo-scozzese con tutti gli altri a dividersi il resto della posta alternandosi nelle posizioni di rincalzo. Probabilmente ci si sta avviando verso un tour simile a quello femminile senza delle vere e proprie dominatrici.

Prorpio il quadro in ambito femminile verso il nuovo anno registra il ritiro dalle competizioni di Anna Ivanovic e il prossimo matrimonio di Serena Williams, sempre più distratta da questioni extra tennis. Mentre in orbita Australian Open annotiamo la rinuncia di Madison Keys augurandoci che la lista non si allughi ulteriormente.

Del resto, salvo le rinuncie del momento sulla via di Melbourne la situazione in ambito maschile pensiamo, strada facendo, risulti più interessante che mai. Questo perchè a livello di numero uno mondiale nessuno pare sia più in grado di uccidere il circuito come in passato. Infatti, anche dalla posizione numero tre alla dieci è possibile una maggior alternanza rispetto al tennis di ieri. 

Inoltre, il fatto che Federer e Nadal siano al rientro nel ruolo inedito di outsider, farà certamente aumentare il tasso tecnico e di inncertezza fin delle partite iniziali in ogni evento. Infine, i giovani Kyrgios e Pouille stanno bussano alla porta dei top ten con insistenza, per non dire del fattore Del Potro che aiuterà ulteriormente il 2017 a mischiare le carte, nell'attesa della maturazione di nuovi talenti tra cui spicca quello di Alexander Zverev. 

Voltiamo pagina e occupiamoci ora di analizzare il parametro dell'età. L’età media dei Top ten attuali è di 28,3 anni contro i 29,6 di fine 2015. La gioventù sta arrivando? Ni....! Qualche ragazzotto come Thiem è entrato in classifica ma nel conteggio complessivo incide significativamente l’uscita di Federer che con i suoi 35 anni avrebbe fatto salire di molto la media. E un Federer anche solo “normale” nei primi 10 ci rimaneva facilmente.

Se allarghiamo il campione ai primi 100 l’età media rimane molto simile (28,0) contro i 27,65 dell’anno precedente. Ecco perché ancora non possiamo parlare di una new generation. A parte qualche raro inserimento, sostanzialmente sono rimasti i giocatori di 12 mesi prima perché molti giovani faticano ad emergere nel tennis che conta anche se, come vedremo dopo, nelle retrovie qualcosa si muove. Che al momento le cose non stanno cambiando ma semplicemente si stanno rimescolando è evidente da un nuovo valore: la classifica dei Top 10 di 5 anni fa (2011) vedeva un’età media di 26,1 anni con moltissimi degli attuali giocatori ancora presenti.

Leggermente diversa la situazione al femminile. L’età media si è abbassata di quasi 2 anni (26,5 contro 28,3) perché Venus (35), Pennetta (33), Sharapova (28) e Safarova (28) sono state sostituite da Pliskova (24), Keys (21), Cibulkova (27) e Konta (25). Anche qui niente di straordinario all’orizzonte, ma quantomeno un minimo ricambio generazionale.

Ovviamente la classifica di fine anno non è che il sunto di 12 mesi di tennis; ecco allora un breve riepilogo di come si è arrivati alle posizioni sopracitate. Partiamo ovviamente dai tornei dello Slam.

Sia a livello maschile che femminile i 4 major sono stati vinti da 3 giocatori diversi cosi come era successo nel 2013. Certo siamo lontani dagli 8 diversi campioni del 2014 ma attenzione a prendere i dati troppo alla lettera. Sembrerebbe infatti che ci sia stato molto equilibrio nella suddivisione dei titoli principali ma in realtà si è trattato di un bipolarismo sia tra i maschi che tra le femmine (cosi come anticipato nel capitolo delle classifiche).

Infatti Djokovic-Murray e Kerber-Serena oltre ad aggiudicarsi 6 titoli, si sono sfidati in 4 finali complessive occupando ben 12 dei 16 posti a disposizione in finale. Un record oltre che un dominio. In campo maschile continua la dittatura dei fab five (Nole-Andy-Roger-Rafa-Stan) che negli ultimi 10 anni hanno collezionato 38 Slam sui 40 disponibili. Solo Cilic e Del Potro sempre a New York gli unici intrusi. Come ha evidenziato la classifica di fine anno sembra difficile prevedere in tempi stretti l’avvento di un vincitore diverso (Del Potro sarebbe il più accreditato ma già salterà gli Australian Open...).

In campo femminile la Kerber è stata la rivelazione dell’anno succedendo a Justine Henin nel 2007 come unica donna a parte Serena Wiliams ad aggiudicarsi due Slam nello stesso anno solare. A proposito di anno solare: se nel 2015 era stata Serena a raggiungere i 4 Slam consecutivi seppur a cavallo di due anni diversi, nel 2016 è toccato a Djokovic raggiungere questo ambitissimo e quasi impossibile risultato. Infatti dopo Wimbledon e UsOpen 2015 ha conquistato i primi due Slam dell’anno (AusOpen e Wimbledon) salvo poi entrare in una spirale negativa di gioco e risultati.

Un gradino sotto gli Slam troviamo ovviamente i Master 1000 in campo maschile e i Premier Mandatory e Premier 5 in quello femminile. Tra gli uomini è proseguita la rivalità serbo-scozzese con i primi due giocatori al mondo che si sono spartiti ben 7 dei 9 titoli. Nadal e Cilic hanno completato il quadro. I finalisti dei Master 1000 sono stati invece ben 7 sui 9 posti disponibili. Ulteriore conferma dell’enorme equilibrio alle spalle dei due campioni con Isner, Bautista, Nishikori, Monfils e Raonic capaci di trovare la “settimana giusta”.

Ancor più equilibrio nel tour WTA. Serena e Angelique si sono un po' fatte da parte con una sola vittoria (Serena a Roma) e due finali. Le altre vittorie sono andate ad Azarenka (2),Halep (2), Radwanska, Suarez Navarro, Pliskova e Kvitova. Se a loro aggiungiamo le finaliste Kuznetsova, Cibulkova, Konta, Ostapenko e Keys (senza dimenticarci della campionessa olimpica Puig) ci rendiamo conto di quanto possa essere difficile pronosticare chi nel 2017 possa issarsi al vertice dell’olimpo femminile. Williams e Kerber restano senza dubbio le donne da battere ma c’è ampio spazio d’inserimento specialmente per Halep, Muguruza e Pliskova.

Per completare la rassegna sul 2016 e provare ad avere le idee un po più chiare su quello che il 2017 ci può offrire, abbiamo dato una sbirciata ai tornei minori, i Challenger, per vedere se troviamo qualche tendenza utile allo scopo. Partiamo dai maschi. Il giocatore con più vittorie è stato l’esperto argentino Facundo Bagnis (anche se nessun 125000$) a quota 6 titoli con Lu, Melzer e Thompson fermi a quota 4. A parte l’australiano classe ’94 Thompson tutti non più giovanissimi.

Non giovanissimi neanche i vincitori dei challenger più remunerativi in termini di soldi e punti. Infatti a vincere i 125.000 $ sono stati Tipsarevic, Granollers, Lu, Donskoy e Ktavchuk, giocatori esperti che, quando conta, riescono ancora a sopraffare le giovani racchette. Solo il coreano Chung, classe 1996, è riuscito a vincere uno dei challenger principali. Senza voler nulla togliere al giovane tennista, il torneo di Taiwan presentava una entry list decisamente inferiore rispetto agli altri tornei di pari grado. Facendo un riassunto per nazioni emerge come l’Argentina abbia totalizzato 20 vittorie seguita dall’Italia a quota 11.

Finalmente una piccola soddisfazione anche per il BelPaese. Non vogliamo fare i soliti detrattori della nostra patria, ma va evidenziato per dovere di cronaca come molte di queste vittorie siamo arrivate dagli Over 30 Vanni e Lorenzi (6 in totale), una da Fabbiano (27) e una da Giannessi (26), non propriamente dei prospetti futuribili. A differenza di Napolitano capace di vincere un torneo a 20 anni. Speriamo bene! Nel computo delle vittorie complessive può sorprendere il calo degli USA da 14 a 9. Ma ancora una volta la superficie può trarre in inganno.

Infatti dei 9 challenger vinti (anche alcuni 100.000$) 2 sono stati vinti da Fritz (‘97), uno ciascuno da Escobedo (’96), Tiafoe (’98), Opelka (’98), Mmoh (’98) e Kozlov (’98), una nuova generazione di teenagers pronti per il salto di qualità ad altissimo livello. Dei 14 titoli del 2015 invece solo 3 (2 Fritz ed uno Rubin) erano stati conquistati da Under20. Altri giocatori molto giovani hanno fatto compagnia ai colleghi americani tra le vittorie challenger facendo sperare alle nazioni di appartenenza di primeggiare a livello mondiale nel giro di pochi anni. Tra loro in particolare altri due diciottenni (nati nel ’98): l’australiano Purcell e il norvegese Ruud hanno tutte le carte in tavola per essere tra le rivelazioni del 2017.

Non ci resta che aspettare e tra 12 mesi, verificare, confermare o smentire.

Buon 2017.

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