ILTENNIS.COM

L'effluvio, o quanto meno il sentore, di una sfida sopraffina tra gli interpreti maggiormente capaci di permeare la disciplina tennistica a tal punto da renderla un mero sinonimo del loro stesso dualismo, incominciava ad echeggiare, seppur con voce flebile, tra i fruitori oculari della materia già a partire dalla clamorosa capitolazione del numero 1 al mondo Andy Murray negli ottavi di finale contro Mischa Zverev.

Una concupiscenza che persuadeva e stuzzicava la res cogitans di molti, a patto di non professarla apertamente per timore di una ritorsione empirica del fato.

Così non è stato: Federer e Nadal si affronteranno per la nona volta in una finale Slam, sei anni dopo l'ultimo confronto andato in scena nell'atto conclusivo del Roland Garros 2011, quando lo spagnolo si impose per 7-5 7-6 5-7 6-1 sull'elvetico. A frapporsi tra loro e il sogno di milioni di appassionati, il bulgaro Grigor Dimitrov, alla sua seconda apparizione in una semifinale Major, dopo quella ottenuta a Wimbledon nel 2014. Un'incombenza rivelatasi tutt'altro che frivola per il maiorchino, complice anche la perspicacia agonistica del numero 15 al mondo che ha contribuito ad incrementare la spettacolarità dell'incontro nonché la durata complessiva dello stesso. Parecchi addetti ai lavori hanno fatto riferimento al famigerato quarto di finale degli Australian Open disputatosi nel 2014 tra Nadal e Dimitrov in relazione ad un possibile equilibrio sostanziale tra i due nell'odierna partita.

Quel match lo vinse Rafa in quattro set (3-6 7-6 7-6 6-2), fermo restando che il bulgaro sprecò ben tre occasioni per aggiudicarsi il terzo parziale e portarsi in vantaggio di due set a uno. Le premesse sottostanti l'attuale appuntamento lasciano presagire dinamiche inedite nel resoconto cumulativo della sfida: da un lato Dimitrov proviene da una striscia di ben 10 vittorie consecutive, eguagliando così la sua personal winning streak fatta registrare a cavallo tra il Queen's e Wimbledon nel 2014, e sembra intenzionato più che mai a raggiungere la sua prima presenza in una finale Slam; dall'altro lato Nadal, reduce da due stagioni deludenti, pare aver ritrovato, nel corso di questo torneo, quella fiducia invocata a più riprese durante i suoi interventi in sala stampa e materializzatasi nelle partite contro Zverev, Monfils e Raonic. L'inizio del match si dimostra particolarmente favorevole per Grischa grazie alle due palle break maturate sul 15-40 del primo game, prontamente annullate da Nadal. Si tratterà di un'illusione dissoluta in fretta dalla consistenza dei turni di servizio dello spagnolo, il quale, una volta acquisito il break nel quarto gioco (2-1), conquisterà due dei successivi tre turni di battuta a zero, impadronendosi di conseguenza del primo parziale per 6-3. Il leitmotiv del secondo set sembra rievocare, almeno nella forma, il decorso del primo, questa volta, però, a parti invertite. Dimitrov riesce a strappare a zero il servizio del suo avversario proprio nel quarto gioco (2-1), issandosi sino al 4-1. A differenza di quanto avvenuto nel parziale d'apertura, il bulgaro, reo di aver commesso un doppio fallo sulla palla del contro break, concede a Nadal la possibilità di rientrare in gioco e lottare per il set. Di fatto tale evento sancirà un susseguirsi di break: condizione protrattasi sino al dodicesimo gioco, game nel quale Dimitrov ristabilisce la parità nel computo dei set, sfruttando a dovere l'occasione presentatasi sul 15-40 e ultimando l'opera per 7-5. Nei primi quattro game del terzo set si concreta un solido equilibrio nei turni di servizio di entrambi i giocatori, solo flebilmente intaccato da due break consecutivi nel quinto e nel sesto gioco (il primo effettuato da Nadal sul 2-2 ed il secondo da Dimitrov sul 2-3). Si giunge in questo modo ad un inevitabile tie break, nel quale regnano sovrani, paradossalmente, l'inconsistenza al servizio e una buona dose di follia tennistica. Lo snodo cruciale avverrà sul 5-5 quando lo spagnolo sovverte gli ordini dello scambio avvalendosi di un rovescio incrociato incredibile, con il quale si aggiudica un set point essenziale, successivamente convertito mediante l’ausilio di un pressing incessante sul lato destro del numero 15 al mondo. La deduzione logicamente riconosciuta tenderebbe ad evidenziare, a questo punto, un fisiologico calo del bulgaro, considerato il cospicuo dispendio psico-fisico profuso nell’arco del terzo set. Sorprendentemente la rinnovata forma mentis del giocatore di Haskovo, consentirà a quest’ultimo di perseverare nei suoi intenti senza porre particolare riguardo ad un’eventuale debacle. La suddetta attitudine si riverbererà anche sull’esito del quarto set, in cui, una volta approdati ambedue al tie break, merito soprattutto di turni di servizio tenuti agilmente dai due, sarà proprio Dimitrov a prendere il sopravvento grazie ad un bottino di 5 punti a 2, che permetterà lui di arginare il tentativo di rimonta da parte dell’iberico e prolungare la sua permanenza sulla Rod Laver Arena.

All’inizio del quinto parziale risulta di difficile lettura, in buona sostanza, comprendere chi tra Nadal e Dimitrov abbia effettivamente il momentum della partita al proprio seguito. Alcuni indizi propenderebbero per il 25enne bulgaro, che dopo aver cancellato due pericolosissime palle break nel gioco d’apertura, usufruirà di ben tre opportunità per rompere gli indugi e sgretolare le esigue speranze di vittoria di Rafa. Come spesso è accaduto in passato, però, l’endemica grinta latina dello spagnolo intrisa di un selvaggio istinto di sopravvivenza hanno sempre costituito un forte antidoto alla nevrosi conseguente a lotte serrate e ricche di pathos. La fulgida personalità di Nadal è emersa specialmente nel delicato contesto dell’ottavo game (3-4) in cui, trovandosi a servire con due break point da salvare sul 15-40, ha confutato l’amara sorte che nel biennio 2015-16 contraddistingueva le prestazioni del mancino di Manacor. Una volta vinto il game, i restanti due sono andati appannaggio dello spagnolo stesso, il quale archivia la pratica al terzo match point disponibile con il risultato di 6-3 5-7 7-6 6-7 6-4, dopo quattro ore e cinquantasei minuti di gioco. Nadal raggiunge così la sua 21esima finale Slam, la prima dal Roland Garros del 2014, che tra l’altro rappresenta il suo ultimo allora nei tornei Major. Qualora dovesse uscire vincitore dalla 35esima sfida con la sua nemesi per antonomasia, ovvero Roger Federer, diventerebbe il primo giocatore nell’era open a conquistare per due volte tutti e quattro gli Slam. Il ricongiungimento tra i due eterni rivali rappresenta la consecutio temporum ideale di un’epopea anacronistica forgiata sull’isola di Key Biscayne, a largo di Miami, in quel ormai lontano 2004 ed evolutasi in una mastodontica opera letteraria culminata con la folgorante quanto destabilizzante sintesi creativa della finale di Wimbledon 2008. Prepariamoci, dunque, a godere di un evento che potenzialmente potrebbe non ricorrere mai più e che, in virtù di tale ragione, impone la visione ai cultori del tennis vintage.

Usiamo i cookie per raccogliere statistiche anonime sull'utilizzo del sito