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La settimana appena conclusasi, nella quale si sono disputate le finali degli ATP di Acapulco, Dubai e San Paolo e WTA di Acapulco e Kuala Lumpur, ha rivelato scenari impronosticabili alla viglia della stessa, dal momento che le varie teste di serie dislocate negli appuntamenti sopracitati, sembravano essere le più accreditate ad aggiudicarsi il successo.


Incominciamo dallo straordinario trionfo di Sam Querrey ad Acapulco ottenuto ai danni di Rafael Nadal per 6-3 7-6. L’impressionante percorso dello statunitense lo ha visto prevalere nei confronti di ben quattro top 20: tra queste rientrano le vittorie su David Goffin per 6-2 6-3 negli ottavi di finale, sull’austriaco Dominic Thiem nei quarti di finale per 6-1 7-5, su Nick Kyrgios, mattatore nei quarti del serbo Novak Djokovic, in semifinale per 3-6 6-1 7-5 e, per l’appunto, su Nadal in finale. Tale vittoria proietta Querrey tra i primi 30 giocatori al mondo (più precisamente al numero 26) avvicinandosi minacciosamente al suo best ranking di numero 17 raggiunto nel gennaio del 2011. Si tratta del suo nono titolo in carriera, il secondo a livello 500 dopo la conquista del torneo di Memphis nel 2010. Il maiorchino, dall’altro lato, è stato artefice di altrettante prestazioni solide e costanti all’interno di un quadro complessivamente soddisfacente. La rivincita della partita di Brisbane contro Mischa Zverev ha avuto il medesimo padrone: Nadal, il quale si è imposto per 6-4 6-3. Ancora meno incombente è stato l’incontro contro il nostro Paolo Lorenzi, vincitore in rimonta al primo turno contro Yen-Hsun Lu (4-6 6-3 6-4), vinto con un doppio 6-1. Nei quarti di finale, la resistenza oltremisura del nipponico Yoshihito Nishioka ha costretto lo spagnolo ad elevare il livello globale del suo gioco, che conquisterà l’incontro solo dopo una lotta serrata (7-6 6-3). In semifinale Marin Cilic ha rappresentato un mero onere, considerato lo scarso periodo di forma del croato, che di fatto si è riverberato anche sull’esito dell’incontro (6-1 6-2). La sconfitta subita in finale per mano di Querrey è stata la prima in assoluto per l’iberico in questo torneo, dopo le vittorie ottenute nelle edizioni del 2005 e del 2013 (per altro senza concedere nemmeno un set). Nadal deve così rinviare nuovamente le sue speranze di successo in una manifestazione sul veloce: il suo ultimo alloro, infatti, risale al Qatar Exxonmobil Open del 2014. Malgrado ciò, il bilancio del 2017 è stato fin qui molto positivo per il mancino di Manacor.

A Dubai il numero del mondo, Andy Murray, ha ristabilito perentoriamente le gerarchie mondiali, in seguito al primo sigillo registrato negli Emirati Arabi Uniti contro Fernando Verdasco in due set agili (6-3 6-2). Il cammino dello scozzese è stato facilitato da alcuni match lampo, come avvenuto all’esordio contro il tunisino Malek Jaziri (6-4 6-1), negli ottavi di finale contro Guillermo Garcia Lopez (6-2 6-0) e in finale, come appena citato, contro il tennista madrileno Verdasco. Gli unici ad averlo impensierito sono stati Philipp Kohlschreiber, capace di spingere il numero uno sino al terzo set (6-7 7-6 6-1 il punteggio finale), nonostante avesse avuto ben sette match point nel leggendario tie break del secondo, terminato 20 punti a 18 per Murray, e Lucas Pouille, che ha avuto il merito di perseverare nei suoi intenti, riuscendo a contrastare Murray per poco più di un set (7-5 6-1). Quella di Dubai rappresenta il 45esimo titolo per il numero uno del seeding, nonché una vittoria fondamentale in ottica classifica, considerata la prematura sconfitta di Djokovic patita contro Nick Kyrgios ad Acapulco. Verdasco, invece, sembra trovarsi particolarmente a suo agio in Medio Oriente in questo 2017, visti gli ottimi risultati ottenuti nell’ultimo periodo: dalla semifinale raggiunta a Doha nel gennaio scorso (persa poi contro Djokovic) alla finale persa contro Murray sabato scorso. Il primo giocatore a frapporsi fra lo spagnolo e la sua 22esima apparizione all’atto conclusivo di un torneo ATP, è stato Andreas Seppi, ripescato nel tabellone principale come lucky loser, che non ha avuto la forza necessaria per arginare la potenza di fuoco dell’iberico, soccombendo per 6-2 7-5. Molto più sostanziosa si è rivelata, al contrario, la prestazione della teste di serie numero 6, Roberto Bautista Agut, grazie soprattutto alle sue peculiarità di regolarista, che hanno costretto il suo connazionale a plasmare la propria indole furente secondo un rigore tecnico-tattico di primo livello. Il risultato finale recita 6-4 3-6 7-5 in favore del tennista di Madrid. Nel suo match di quarti, Verdasco ha incontrato il transalpino Gael Monfils, contro il quale non aveva mai vinto in tre precedenti confronti diretti. Questa volta però riesce a prevalere per 6-3 7-5, negando al francese la sua prima semifinale stagionale. In semifinale un ispirato Robin Haase ha seriamente rischiato di mettere a repentaglio il suo approdo in finale, dopo essersi opposto strenuamente (7-6 5-7 6-1). Nel corso del torneo, tuttavia, si sono verificate alcune clamorose uscite di scena come ad esempio quella di Roger Federer avvenuta per mano del russo Eugeny Donskoy, numero 116 al mondo, impostosi per 3-6 7-6 7-6, oppure quella di Tomas Berdych portata avanti da Haase e conclusasi per 3-6 6-3 6-4 in favore dell’olandese.


A San Paolo, Pablo Cuevas riscrive la storia del torneo 250 conquistando il titolo per il terzo anno di fila (2015-2016-2017) battendo in finale Albert Ramos-Vinolas per 6-7 6-4 6-4. Numerose sono state le insidie affrontate dall’uruguaiano, a cominciare dalla pioggia, che ha costretto gli organizzatori a rinviare il match conclusivo al giorno seguente. Dei quattro incontri da lui disputati, ben tre lo hanno visto intensamente coinvolto in lotte prolungate: in primis contro l’argentino Diego Schwartzman, domato solo dopo tre set (5-7 6-4 6-4), successivamente contro il numero uno del seeding Pablo Carreno Busta, sconfitto per 6-3 7-6 ed infine contro Ramos-Vinolas. Per Cuevas si tratta del sesto successo in carriera, il quinto a livello 250 ed il quarto trionfo complessivo in Brasile, se considerato anche il 500 di Rio de Janeiro agguantato l’anno scorso. Buon torneo anche da parte di Ramos, che al primo turno regola in due set (6-4 7-6) il portoghese Gastao Elias, nei quarti si sbarazza di Guido Pella (6-4 3-6 6-4), in semifinale ha la meglio di un altro portoghese, ovvero Joao Sousa (5-7 7-6 6-2), salvo perdere in finale, come già detto, contro Cuevas.


Nel circuito femminile le sorprese hanno regnato sovrano nel corso dell’ultima settimana.

Incominciamo da Acapulco, nella quale si è celebrato il terzo titolo personale di Lesia Tsurenko. L’ucraina ha estromesso in finale Kristina Mladenovic, la seconda testa di serie in questo evento, con il punteggio di 6-1 7-5. Le difficoltà per Tsurenko sono state molto limitate, per via, in particolar modo, dei ritiri in corso d’opera di Julia Georges e di Miriana Lucic Baroni. Mladenovic, d’altro canto, ha dovuto faticare molto di più per riuscire a guadagnarsi il pass per la finale, sopravvivendo a due maratone tennistiche contro Heather Watson (7-6 6-7 7-5) e Christina McHale (7-5 4-6 6-2).


A Kuala Lumpur la vincitrice è stata Ashleigh Barty, reduce peraltro dalle qualificazioni, che in finale ha fermato la giapponese Nao Hibino per 6-3 6-2. In un torneo che ha visto l’eliminazione delle prime due teste serie (Elina Svitolina e Carla Suarez Navarro), le due finaliste sono state molto caparbie nel capitalizzare la possibilità di raggiungere una finale WTA.

 

 

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