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L’anno nuovo è arrivato riproponendo perentoriamente la Past Generation. In Australia il poker d’assi calato nelle finali maschile e femminile ha evidenziato un’età media di trentacinque anni. Mentre nel successivo appuntamento californiano di Indian Wells il termometro è sceso a trentadue. Il torneo di Miami invece ha proposto l’inattesa venticinquenne britannica Konta e nel maschile il successo di Federer su Nadal. Nella loro trentasettesima sfida lo svizzero ha avuto la meglio 6/3 6/4 ribadendo il successo di Melbourne e di Indian Wells sullo spagnolo, portando a diciannove le vittorie da inizio stagione.


In questo scenario, a chiusura delle vicende tennistiche sul cemento prima della terra battuta europea, la novità assoluta è rappresentata da Roger Federer: dunque, che razza di novità è mai questa? Nell’attesa della prossima maturazione della Nex Generation Federer rappresenta incredibilmente ancora il nuovo nell'universo tennis.

Il mondo del marketing gongola. Quindi è ancora possibile vendere l’acqua agli assetati. Il successo è facile, è semplice. Gli incassi sono garantiti a buon mercato senza sforzo. Roger Federer è un genio, King Roger è il tennis, Federer è immenso. Queste sono solo alcune delle tante frasi che celebrano da anni continuamente l’ovvio, magnificando la mitologia del campione.

Lo scopo credo sia quello di ipnotizzare le menti, in particolare quelle neofite al tennis nel tentativo di allargare l’audience. Personalmente nutro più di un dubbio sull’efficacia di tale strategia quando viene rivolta agli autentici appassionati. Per intenderci coloro i quali amano la disciplina e mai la abbandoneranno a prescindere dall'opera di Federer, un Piero della Francesca che turbina alla velocità di un Pollock, per dirla alla Marinaro.

Tuttavia, finche il pianeta tennis funziona, anche se è un disco rotto incapace di rinnovarsi, il problema non si pone e poi si vedrà. Mi chiedo cosa sarà possibile vedere dopo il diluvio senza essersi procurati un tetto prima.

Ciononostante, dopo aver sentito e letto di tutto sulla fenomenologia “Federeriana”, mi son convinto di tentare questo piccolo contributo. Un contributo che vada però oltre la superficialità dell’idolatria e della questione tecnica, o peggio ancora, delle enormità diffuse sul colpo di rovescio toppato del re del tennis, secondo alcuni la vera causa vincente.

Alea lacta est, il dado è tratto e suggerisce di iniziare questo percorso dalla strada macinata dallo svizzero negli ultimi mesi. Una via che ha permesso a questo interprete di rivelare al mondo un gioco nuovo. Se pensiamo, un fatto stupefacente per un campione di tale rango che ha oltrepassato la tarda età del tennista agonista.

Innanzitutto, il 2016 ha tenuto King Roger fermo ai box per lungo tempo, un aspetto che alla luce dei fatti si è dimostrato una risorsa. Qui mastro Ivan Ljubicic subentrato a Stefan Edberg, in collaborazione con il preparatore atletico Paganini e gli altri operatori del team, ha provveduto a ideare nuove strategie, nonché a far rinascere Roger a inaspettata giovinezza. Il compito di Ivan che non è affatto terribile come il famoso despota russo, si è tradotto in una sfida.

Una sfida che ha evidenziato come dovesse essere affrontato inevitabilmente il grattacapo per eccellenza, rappresentato ahimè dal CAMBIAMENTO. Cambiare è la cosa più difficile nell’esistenza di ciascun individuo, essendo l’essere umano abitudinario e opportunista per indole. Di questo ultimo aspetto abbiamo costante conferma in ogni ambito e in ogni luogo dove regna lo status quo a difesa di equilibri di comodo spesso improduttivi.

Cambiare è faticoso. Cambiare è rischioso. Nel contempo è la via che permette di muoversi da una situazione stagnante, perdente. Cambiare significa imparare, evolversi, raggiungere altre vette e il premio è l’arricchimento. E’ un processo che si combina per sua natura alle fasi sensibili della crescita oppure a quegli ambienti innovativi che mirano senza ipocrisie alla vera eccellenza. E Roger Federer di eccellenza è Maestro.

Come è noto non è più un ragazzino, è il campione dei campioni, ricco e affermato e secondo molti detiene l’aurea del “Signore” del tennis. Chi più di lui può godere di una posizione privilegiata e ampiamente meritata? Difficile rispondere a questa domanda, quando di repente la risposta d’incontro che non t’aspetti la fornisce proprio il grande Roger sorprendendoci. Quindici zero. Eccezionale come sempre, o forse ancor di più?

Il suo nuovo mentore Ivan Ljubicic ha probabilmente trovato la chiave per convincere il pupillo al passo e il Mohamed Alì degli stadi tennistici ha convertito la sua classe alla causa. Roger Federer dall’alto della sua gloria decide di votarsi al CAMBIAMENTO e schiaffeggia l’universale in guanti bianchi con la sua più grande lectio magistralis di sempre. Gioco, partita e incontro.

Sul piano pratico il processo affrontato dal campione svizzero è complicato perchè comporta smontare e rimontare dinamiche acquisite nel tempo dalla mente e dal corpo. Il premio è acquisire il vantaggio competitivo che si riassume nella magnificenza di una nuova prospettiva. Ovviamente durante la via bisogna saper riuscire, per evitare di abbandonare la sfida lungo il cammino. Ma è qui che interviene a supporto il talento di Federer.

Il talento come molti studiosi e autori ben più autorevoli del sottoscritto hanno illustrato possiede mille volti (es. Gardner “Intelligenze Multiple, Epstein “Il Genio Sportivo”). Non è ammissibile ridurlo superficialmente a pura manovalanza esecutiva (tecnica, destrezza, ecc.) da circense. Sarebbe invece opportuno illustrare le cause profonde che stanno alla sorgente.

So perfettamente che parlare di cause invece dei soliti effetti è un azzardo, ma non rimane altra strada da percorrere e provare a CAMBIARE. Non dimentichiamo che questo è l’orientamento, la parabola offerta dal talento svizzero.

Ebbene, come tutti i geni nel loro ambito Federer ha nel suo la capacità di fotografare il problema ambientale e coglierlo. Come i grandi filosofi egli ha il dono di vedere oltre la realtà che spesso non è come a noi tutti appare. Roger Federer possiede un’altra visione, una dotazione che gli consente di modificare pensiero, azione e movimenti in relazione allo spazio tempo adattandolo alla situazione. Altro che didattica prescrittiva sul gesto tecnico.

Inoltre, egli ha sempre posseduto ogni sorta di abilità con l’attrezzo. Abilità che possibilmente andava messa nel giusto ordine. Questi presupposti hanno permesso al fenomeno di Basilea di reinventarsi. In primis la sua posizione in campo è cambiata.

Laddove è possibile, lui rimane ancor più vicino al campo per evitare che i rimbalzi lievitino verso l’alto carichi di rotazione. E questo accade durante lo scambio di rimbalzo come in risposta al servizio. Da qui il conseguente maggior impiego del top spin che, a differenza del back spin, permette di controllare il rimbalzo sul nascere.

Quindi il decantato rovescio in top “Rogeriano” ora può finalmente rivelarsi agli occhi di tutti per quello che è, ossia un banale effetto (conseguenza) di una scelta tattica, non certo una causa. Effetto o conseguenza (top spin) impiegata quando tatticamente serve, dato che in alcune situazioni viene sostituita con maestria proprio da quella opposta (back spin). Archiviato lo sciocco quanto vacuo equivoco del top o del back rovesciato, andiamo finalmente oltre.

Attualmente è possibile vedere come Federer tenda a esasperare di meno gli spostamenti verso sinistra sulla riga di fondo per favorire il dritto anomalo. Una strategia che lo mantiene più centrale aiutandolo nella presa della rete che avviene con maggior frequenza. Elementi di un piano che permette di coprire con maggior rapidità e qualità il campo con meno sforzo, riducendo la lunghezza media degli scambi.

Se però diamo una breve occhiata ai dati delle prestazioni principali dell’anno in corso osserviamo che nello scambio, quando il gioco non è ucciso dal servizio, lo svizzero non prevale nettamente sugli avversari. In altre parole, pur avendo elevato la sua performance, King Roger non fa la vera differenza con i colpi di rimbalzo, ne tanto meno con la risposta al servizio.

Per intenderci, se nel tennis si palleggiasse esclusivamente da fondo campo contro Nadal, Djokovic, Murray, Wawrinka e Nishikori, il re non avrebbe scampo. Il suo famoso e idolatrato braccio d’oro non sarebbe sufficiente.

Allora dove si nasconde il segreto del nuovo Roger Federer? Semplice, nella gestione del servizio e del turno di battuta. Volgarizzando, il campione elvetico è diventato ancor più imbrekabile da quando ha deciso di servire anche più piano. Come più piano? Un fatto presto spiegato.

Tirare forte non è sinonimo di essere forte. Se ci fate caso, cari lettori, oggigiorno tirano quasi più forte i tennisti che si cimentano nei tornei Challenger piuttosto che a Wimbledon. Provate a domandarvi il perché!

Ebbene, da quando King Roger utilizza anche gli angoli stretti (diagonali estreme) nel servizio, privilegiando precisione e rotazione rispetto alla potenza, le carte per l’avversario risultano ancor più mischiate del consueto. Nella prima palla la sua gamma prevede velocità tra i 170 e i 200 km orari, raramente supera quota duecento.

Le sue battute di oggi sono ancor più imprevedibili di quelle di ieri perchè l’area di risposta da presidiare per l’antagonista si è ulteriormente ingigantita. Questa strategia gli consente di mettere in sicurezza il colpo successivo al servizio, sia di rimbalzo che di volo.

Oltre a ciò i repentini attacchi a rete, costituiscono per i rivali un autentico dilemma. Leggere le nuove intenzioni di Roger è roba che produce loro più di un capogiro. Gli avversari non sono più alla ricerca del suo nobile scalpo, hanno nuovamente paura del re, lo temono e si vede.

Questa versione innovativa di Roger Federer sembra, inoltre, più risoluta che mai negli appuntamenti e nei momenti che contano. Nel gioco del punto e in particolare sulle palle break, sia da trasformare che da difendere, pare abbia assunto un atteggiamento pragmatico lasciando meno spazio allo spettacolo e alle possibilità degli avversari. Probabilmente questo aspetto dipende anche da una psicologia più leggera che a fine carriera gli consente di giocare senza pesi sul cuore.

Il rilancio dell’elvetico passa indiscutibilmente anche da fattori ambientali favorevoli che non vanno sottovalutati. Il sensibile declino di Nadal, per quanto ancora in auge, e il momento difficile di Djokovic e di Murray giocano senza dubbio un ruolo rilevante. Inoltre, il tentativo da parte del sistema di rendere come in Australia i campi più rapidi e meno rimbalzanti ha avuto il suo impatto.

Se l’angolo di rimbalzo della palla rimane in uscita simile a quello in entrata, come sull’erba e sui campi sintetici di un tempo, allora è più facile incontrare con facilità il gioco senza steccare ne perdere metri di campo. Non bisogna poi dimenticare che il cambio dell’attrezzo ha facilitato tutto questo complicato processo.

Infine, vista la situazione attuale credo che lo svizzero debba dosare le energie nella programmazione del calendario senza cadere nel tranello della terra battuta. Meglio puntare a Wimbledon all’undicesima finale in uno stesso torneo slam che lo porrebbe oltre Bill Tilden, e alla stagione americana lasciando perdere la classifica e il trono mondiale. La conquista della vetta dovrà eventualmente arrivare per conseguenza delle circostanze, non per ossessione. In questo modo penso che le opportunità per il re fioriranno con maggiori possibilità.

In conclusione, un’ultima considerazione. Probabilmente, se Roger Federer avesse affrontato prima molti dei fattori sopraccitati avrebbe rimediato qualche delusione in meno almeno contro Nadal e, se non sulla terra, sicuramente sulle altre superfici. Viene da chiedersi come sia possibile con tutti gli addetti ai lavori che girano nel mondo del tennis come queste mancanze siano state risolte solo nel tramonto della carriera di uno dei più grandi campioni che la storia del gioco abbia mai conosciuto.

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