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L’andamento anomalo maturato in conclusione di stagione, in netta contrapposizione alle premesse e all’effettiva restaurazione del duopolio Federer-Nadal, ha premiato Grigor Dimitrov, vincitore di quest’edizione delle Finals contro David Goffin per 7-5 4-6 6-3.

Si tratta del titolo più prestigioso per il bulgaro, diventato numero 3 in classifica mondiale dopo la semifinale vittoriosa contro Jack Sock, nonchè dell’ottavo titolo in carriera che rappresenta la ciliegina sulla torta di un percorso iniziato con il successo a Brisbane, ottenuto a scapito di Kei Nishikori (6-2 2-6 6-3), passando per la straordinaria cavalcata agli Australian Open interrotasi solo dopo cinque set (6-3 5-7 7-6 6-7 6-4) per mano di Rafael Nadal. A ciò si sono aggiunti gli allori di Sofia (dopo aver battuto lo stesso Goffin in finale per 7-5 6-4) ed il primo Master 1000 a Cincinnati (strappato dalle mani di Nick Kyrgios per 6-3 7-5), oltre alla terza finale raggiunta a Stoccolma, questa volta persa contro Juan Martin Del Potro per 6-4 6-2). Il 2017 ha costituito una svolta anche per il belga numero 7 del mondo, considerato il lungo digiuno risalente al titolo di Metz conquistato nel 2014: infatti dopo ben sei finali perse consecutivamente (Basilea 2014, s’Hertogenbosch 2015, Gstaad 2015, Tokyo 2016, Sofia 2017 e Rotterdam 2017) la striscia negativa si è interrota a Shenzen dove il nativo di Liegi ha estromesso per 6-4 6-7 6-3 l’ucraino Alexandr Dolgopolov, per poi replicare immediatamente il trionfo anche la settimana successiva a Tokyo, questa volta contro il francese Adrian Mannarino in due set (6-3 7-5). I due sono giunti in finale percorrendo itinerari diametralmente opposti: pur essendo finiti nel medesimo girone, Goffin è stato l’unico ad aver affrontato Rafael Nadal nel suo match d’esordio con il quale ha battagliato sino al terzo set (7-6 6-7 6-4), malgrado quest’ultimo fosse già reduce da un problema al ginocchio destro riscontrato nel torneo di Parigi Bercy e si sia ritirato dal torneo a fine incontro. Nonostante l’iniezione di fiducia seguita a tale vittoria, il match seguente disputato proprio contro Grigor Dimitrov rivelerà delle difficoltà fisiche inaspettate: infatti il belga soccomberà in maniera molto agevole, racimolando solamente due game (6-0 6-2). Lo spareggio decisivo contro l’austriaco Dominic Thiem sembrava potesse precludergli la possibilità di qualificarsi alle semifinali del Masters, tenuto conto della sua partenza ad handicap nel primo set dopo essere finito sotto per 3-0. La cosa sconcertante è stato appurare il crollo improvviso di Thiem, che da quel momento, a sua volta, si aggiudicherà due soli game concedendo la partita senza quasi opporre alcuna resistenza (6-4 6-1). L’incontro più importante, tuttavia, è stato senz’ombra di dubbio quello che lo vedeva opposto a Roger Federer nel penultimo atto delle Finals, in cui Goffin si è reso artefice della clamorosa eliminazione del numero 2 in classifica mondiale (2-6 6-3 6-4).

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Dall’altro lato Dimitrov, escluso l’esordio impegnativo contro Thiem (6-3 5-7 7-5), non ha avuto particolari problemi ad avere la meglio sia di Goffin, come già accennato in precedenza, che di Pablo Carreno Busta (6-1 6-1), subentrato in corso d’opera a Nadal per il sopracitato infortunio al ginocchio. La sua partita di semifinale contro Jack Sock veniva pronosticata come incerta, dal momento che lo statunitense era riuscito a ridimensionare le aspirazioni sia di Marin Cilic (5-7 6-2 7-6) che di Alexander Zverev (6-4 1-6 6-4), ma alla fine, nonostante la sconfitta nel primo set, ha prevalso, anche con particolari demeriti da parte del numero 8 del ranking, in tre set (4-6 6-0 6-3).

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Giungiamo così all’ultima parentesi di questa stagione, caratterizzata da risvolti inaspettati e sorprendenti. La finale si apre con ben tre break consecutivi (due a favore di Goffin e uno a favore di Dimitrov), segno di un’evidente tensione reciproca, conferita dall’importanza della circostanza. Il belga, in particolar modo, sembrava aver subito meno l’emotività del momento dopo essere salito per 4-3 nella frazione d’apertura. La reazione di Dimitrov, però, non si è fatta attendere e nell’ottavo game strappa nuovamente il servizio all’avversario, riportandosi in parità. Il set cambierà repentinamente volto e il dodicesimo game si rivelerà essere quello decisivo: 7-5 in favore del neo numero 3 al mondo. Nel secondo set Goffin palesa le motivazioni per le quali si è ritrovato a competere in un palcoscenico prestigioso come questo, rimescolando le carte in tavola e rielaborando la propria posizione in campo, spesso abbastanza attendista in virtù dell’ideologia regolarista che lo contraddistingue, attraverso delle sporadiche quanto destibalizzanti sortite a rete che hanno fruttato diversi punti celeri e privi di impegni fisici significativi. Nonostante abbia dovuto salvare una palla break pericolosissima sul 2-3 (30-40) grazie ad un rovescio diagonale vincente che ha pizzicato la linea esterna, riuscirà ad incanalare il parziale in proprio favore, merito anche di una striscia di 7 punti a 1 che gli consentirà di issarsi sino al 4-3. Il break conquistato sarà sufficiente per archiviare il parziale per 6-4. L’ultimo set non offrirà spunti tecnici di rilievo, bensì si evolverà secondo uno spartito inerziale e meccanico, che decreterà il successo finale del bulgaro e il conseguente appello onorifico di “Maestro”.

Nel doppio, invece, a risultare campioni sono stati la coppia formata da Henri Laaksonen e John Peers, che riconfermano il titolo ottenuto dodici mesi vincendo contro la coppia numero 1, ovvero Marcelo Melo e Lukasz Kubot con il punteggio di 6-4 6-2. Un evento che non si verificava dalla doppietta dei gemelli Bryan tra il 2003 ed il 2004.

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