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Serena Willams è fuori. Fuori di testa? Probabilmente si, ma soprattutto fuori prematuramente dal torneo di Miami che ha vinto per ben otto volte in carriera. Il torneo di Crandon Park è casa di Serena dove la campionessa afroamericana gioca al suo meglio, eppure?

Eppure vi ha lasciato le penne contro un’altra vecchia conoscenza del circuito la russa Svetlana Kuznetsova. Il punteggio a favore della colpitrice muscolare di San Pietroburgo 67 61 62.

Da quel dì contro Robertina Vinci agli US Open, in dirittura d’arrivo per firmare uno storico Grande Slam, la magia di Serena si è interrotta. Da quel giorno non è più riuscita a vincere un torneo. Un fatto clamoroso perché il dominio che aveva prodotto fino a quel fatidico istante era addirittura imbarazzante. Addirittura alcuni temerari addetti ai lavori avevano prospettato per lei una sorta di circuito alternativo, dove potesse competere contro tennisti maschi.

Ironia della sorte la provvidenza ha rimesso tutto in ordine e Serena ha perduto la sua presunta virtù dell’imbattibilità. Anzi, proprio ora nel momento dell’apparente oblio tennistico emergono tutte le sue fragilità. Quando le cose sul campo sono in salita pare sia come sprovveduta di un piano tattico alternativo. Sembra spesso apatica oltre che immobile sul piano degli spostamenti. Una metamorfosi kafkiana che la rende irriconoscibile rispetto a quanto la stessa giocatrice pochi mesi or sono dimostrava di essere sul terreno di gioco.

Probabilmente la delusione del Grande Slam mancato ha avuto in Serena Williams effetti prorompenti non ancora evidentemente metabolizzati. Forse dietro alla prospettiva Grande Slam si celava un progetto di vita che l’avrebbe portata a ridurre l’attività concentrandosi solo sui Mayor. Purtroppo le sberle della vita colpiscono tutti anche i campioni e questo possibile cambio di prospettiva ha destabilizzato la tennista Williams anche nella sfera privata. Chissà cosa ha provato durante il discorso di Flavia Pennetta e del suo ritiro dalle gare appena dopo la conquista del trono americano?

Quanto detto tuttavia, ha consentito al tennis femminile di mischiare le carte permettendo ad altre giocatrici di ottime prospettive, seppur non eccezionali, di accedere ad orizzonti insperati. Il fatto che Serena perda se non gioca al meglio è un aspetto da accogliere positivamente. La Williams è si scesa dall’Olimpo, ma nel contempo la concorrenza si è finalmente scrollata di dosso dei complessi titanici.

Voltando pagina il dopo Miami prevede l’inizio della stagione europea che si svilupperà inizialmente sulla terra battuta per concludersi sull’erba di Wimbledon. I prossimi mesi ci diranno molto sul tennis di Serena e sull’evoluzione della sua magnifica carriera. Una campionessa quindi in cerca di se stessa? Certamente si, vedremo una tennista alla ricerca di un equilibrio mentale che ora latita. Equilibrio che passa attraverso la sintonia tra emozione e cognizione, due facce di una moneta che però è trasparente, soleva affermare il compianto e straordinario pedagogo cognitivista Reuven Feuerstein, ultimo allievo dell’immenso scienziato della mente, del comportamento e dell'apprendimento umano Jean Piaget.

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